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L'evento

Negli Scavi di Oplontis lo spettacolo immersivo “Storie di Donne di Madonne”

Una potente performance per la regia di Marisa Laurito

Negli Scavi di Oplontis lo spettacolo immersivo “Storie di Donne di Madonne”

Foto di Paola Manfredi

Oltre 500 persone hanno assistito ieri (venerdì 26 settembre) negli Scavi di Oplontis allo spettacolo immersivo “Storie di Donne di Madonne” per la regia di Marisa Laurito. Una potente performance, che ha scosso ed emozionato il pubblico, con testimonianze forti e provocatorie di attrici, cantanti, scrittrici giornaliste su i diritti calpestati delle donne in Italia e nel mondo, preghiere collettive per la pace, racconti di eroine del passato. Nella splendida Villa di Poppea, Fiorenza Calogero, Sonia De Rosa, Federica di Lallo, Cristina Donadio, Teresa del Vecchio, Sabrina Efionayi, Flo e il coro polifonico Kore della Sirena, Marisa Laurito, Francesca Marini, Ida Palisi e Antonella Stefanucci, si sono esibite contemporaneamente, ciascuna in un luogo diverso all’interno degli scavi, portando “in scena” in un ciclo continuo, brani tratti da libri, articoli, monologhi teatrali e canzoni.

La rappresentazione è stata seconda tappa della manifestazione “Torre Annunziata, miti, leggende e futuro”, un percorso, per la direzione artistica della Laurito e realizzato con il Comune di Torre Annunziata, grazie ad un contributo della Regione Campania, che intreccia tradizione, solidarietà, cultura, e spettacolo, portando per la prima volta nella storica cittadina e nel sito archeologico di Oplontis, una serie di eventi che contribuiranno a raccontarne la storia e l’identità fino al 24 ottobre.

«Non c'è internet.  Non c'è segnale. Non c'è alcun suono. Non c'è un mondo al di là di questa gabbia. Ho camminato per trenta minuti tra rovine e polvere.  Non cercavo di fuggire, ma solo un frammento di segnale, giusto quel tanto per sussurrare: “Siamo ancora vivi?”. Non perché qualcuno stia ascoltando, ma perché morire senza essere ascoltati è la morte definitiva. Gaza ora è nel silenzio.  Non un silenzio di pace, ma di annientamento.  Non un silenzio di quiete, ma di soffocamento.». Un discorso colmo di umanesimo quello del dottor Ezzideen di Gaza: la sua toccante testimonianza, come un pugno nell’indifferenza, è stata restituita dalla stessa Laurito.

Molto forte il quadro animato di Antonella Stefanucci, nei panni di una Madonna Nera, che riprendendo l’iconografia della Pietà di Michelangelo, teneva stretta tra le braccia, come un figlio ucciso, la bandiera palestinese, mentre recitava un’omelia del vescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, coinvolgendo, infine, il pubblico in una preghiera laica; la scrittrice Sabrina Efionayi, seduta ad una scrivania, ha letto una pagina di un suo libro che denunciava il patriarcato. E ancora Teresa Del Vecchio, vestita con un chador, che le copriva completamente il viso, ha recitato la poesia di Alda Merini “Sorridi” toccando l’emozione del pubblico quando ha parlato come una madre palestinese, in lotta per la vita dei figli… Cristina Donadio è stata invece, una moderna Clitemnestra, che in una stanza rossa ha dato voce al libro di Valeria Parrella “Il Verdetto”; diventando la moglie di un boss, che uccide il marito e, allo stesso tempo, la propria anima…

Mentre Fiorenza Calogero, terza Madonna, ha recitato storie vere di femminicidio: «Mi chiamo Martina – ha detto alla fine -  ho 14 anni e sono stata colpita con una grande pietra, perché ho lasciato il mio fidanzato». La giornalista Ida Palisi, ha raccontato la storia dell’eroina delle Quattro Giornate di Napoli, Maddalena Cerasuolo, che nel 1943 si distinse per il suo coraggio nel proteggere il Ponte della Sanità da un attacco nazista, fermando le forze nemiche. Francesca Marini ha cantato la disperazione di una sposa bambina africana di 12 anni e altre vicende di violenza verso le donne.

Flo insieme il coro polifonico Kore della Sirena, in un primo momento dedicato a Rosa Balistreri, ha recitato il monologo A Sicilia sete tene, tratto dalle sue interviste degli anni 70 per introdurre la canzone Signuruzzu, chiuviti, chiuviti. L’artista ha cantato, accompagnata da un surpeti, che è uno strumento indiano e dal coro che ha usato flaconi vuoti come percussioni. La seconda parte della performance è stata dedicata a Gilda Mignonette, con un breve racconto che intreccia la sua storia a quella dei migranti, infine la lettura comune de’ il padre nostro de’ da Erri de Luca, dedicato ai migranti.

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