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Truffa sugli immigrati

«Vogliono venire? Devono dare 600mila euro»

Le intercettazioni svelano l’affare del civilista-gestore di Caf. Coinvolti un poliziotto e una vigilessa

«Vogliono venire? Devono dare 600mila euro»

NAPOLI. Un’intercettazione da brividi. «Mi hai dato 200mila euro... mi dovevi dare 600mila euro... vogliono venire? Devono pagare altrimenti se ne devono andare, non faccio neanche una carta se non mi pagano».

Emergeva l’avidità di chi gestiva il florido business dello sfruttamento illegale dell’immigrazione da alcune conversazioni agli atti dell’inchiesta della polizia di Stato e della Dda di Napoli. A parlare, intercettato, è uno degli avvocati del Vesuviano ritenuti dagli investigatori a capo dell’organizzazione sgominata.

L’organizzazione annoverava nelle sue fila “inseritori” e “cliccatori” pronti ad entrare in azione con computer performanti e collegamenti a internet ad alta velocità, nell’imminenza dei cosiddetti clickday, momento topico dell’affare. Del gruppo è risultato far parte anche un poliziotto finito agli arresti domiciliari che si occupava di inserire le richieste di ingresso dei cittadini extra Ue sul portale dello Sportello Unico per l’immigrazione (SUI), utilizzando identità digitali che gli venivano fornite.

Proprio lui viene intercettato mentre ironizza sui reati che commetteva: «Tutto a posto, 624, 625bis... furto e furto con destrezza». L’indagine parte dal monitoraggio di un altro poliziotto presunto infedele, in servizio nel commissariato di San Giuseppe Vesuviano, sospettato di affari con perone del clan Fabbrocino: accusa mossagli da un pentito, ma risultata non veritiera.

Il business messo in piedi e gestito dai tre avvocati (tutti e tre ora in carcere), anche grazie all’apporto di una folta schiera di collaboratori, è plurimilionario. E quest’ultima circostanza emerge da un’intercettazione in cui a parlare erano due dipendenti di un commissariato secondo i quali il poliziotto in questione (non quello arrestato) stava gestendo con un avvocato un’attività particolarmente lucrosa, da circa un milione di euro, che aveva spinto la camorra locale a tentare un’estorsione da circa 100mila euro.

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