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Ortopedia chiusa da 200 giorni: è protesta

Flash mob per sollecitare la riapertura del reparto dell’ospedale San Giovanni di Dio

Ortopedia chiusa da 200 giorni: è protesta

FRATTAMAGGIORE. Il reparto di ortopedia dell’ospedale San Giovanni di Dio è chiuso da 200 giorni: si doveva trattare di una breve sospensione ma in realtà da gennaio ad oggi non ci sono stati riscontri. Eppure, c’era stata una petizione con 1.700 firme. A marzo un nuovo sollecito, ma solo silenzio. E così nella tarda sera di venerdì alcune decine di cittadini hanno messo in atto un flash mob per sollecitare la riapertura del reparto di Ortopedia, sfidando il caldo e mostrando cartelli. Gran parte di loro erano i cittadini che, da oltre dieci anni, per alcune sere si riappropriano delle strade con l’esperienza del “Treno dei desideri” per passeggiare insieme e riscoprire il piacere di camminare a piedi, senza auto. Con loro c’erano però tante altre persone che volevano protestare per la chiusura del reparto di Ortopedia.

«Sono 200 giorni di chiusura del reparto di Ortopedia e oltre 1.700 firme raccolte in pochi giorni ignorate. Sono numeri che dovrebbero far vergognare chi ha portato alla chiusura del reparto del San Giovanni di Dio, l’unico ospedale pubblico dell’area a nord di Napoli dove vivono e lavorano centinaia di migliaia di persone» hanno detto Luigi Costanzo e Antonio Iazzetta, promotori della petizione con cui, nelle settimane successive alla chiusura del reparto, chiedevano un incontro con il direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord, per avere rassicurazioni sulla riapertura del reparto e sul futuro dell’ospedale. «È assurdo che non ci abbia neanche risposto, nonostante un sollecito del Prefetto di Napoli» hanno aggiunto Costanzo e Iazzetta augurandosi che «la neodirettrice Monica Vanni abbia maggiore rispetto per i cittadini. Temiamo che la chiusura del reparto di Ortopedia possa essere il preludio al progressivo ridimensionamento dell’ospedale che, pur essendo l’unica struttura sanitaria pubblica dotata di pronto soccorso a disposizione di centinaia di migliaia di persone che vivono e lavorano nell’area tra Napoli e Caserta non riceve la necessaria attenzione in termini di risorse umane e materiali».

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