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La Commemorazione dei defunti nelle illusioni di Foscolo

In occasione del 2 novembre, giorno della Commemorazione dei defunti, abbiamo ricordato il celebre carme Dei Sepolcri di Ugo Foscolo, lirica che contesta una legge napoleonica sui cimiteri e che difende il valore della tomba come mezzo per mantenere e rinsaldare tanto l’unità affettiva delle semplici famiglie quanto la grandezza della nostra identità nazionale. Foscolo ha preferito un carme, ossia un componimento poetico di argomento e di stile elevato e solenne, scritto quasi di getto negli ultimi mesi del 1806 e pubblicato nel 1807. Il poeta fu ispirato, come detto, da un episodio della vita politica di quel periodo: l’estensione al territorio italiano, a partire dal 5 settembre 1806, di un decreto napoleonico, promulgato a Saint – Cloud, in Francia, il 12 giugno 1804, in base al quale i defunti non potevano essere più sepolti nelle chiese ma in cimiteri che dovevano sorgere, per motivi igienici, fuori delle mura cittadine. Inoltre, per ragioni democratiche, si ordinava che le lapidi dovevano essere uniformi, senza sfarzo monumentale. Ugo Foscolo discusse di tale argomento proprio con il suo amico poeta Ippolito Pindemonte, al quale dedica il carme. In tale discussione, infatti, Pindemonte espresse la propria concezione cristiana del cimitero, in antitesi con la visione laica e atea del Foscolo. Quest’ultimo, inoltre, decise di riportare come epigrafe della lirica una delle citazioni di una legge contenuta nelle Dodici Tavole: “Deorum manium iura sancta sunto” (Siano considerati sacri i diritti degli dei Mani), sancendo il culto degli dei Mani, cioè dello spirito dei morti, dimostrando l’antichità del culto nei confronti dei defunti. In realtà, a parte i motivi ispiratori occasionali, il poemetto consente all’autore di ritornare sui temi di meditazione più cari: l’esilio, l’amor di patria, la sopravvivenza dopo la morte nella memoria dei propri cari, l’impegno civile, il valore eterno della poesia al di là della inevitabile cancellazione della materia. Se, dunque, il carme rientra nel genere della poesia sepolcrale, diffusa nel tardo Settecento, l’ampiezza dei temi affrontati dal Foscolo ne fa più che altro un limpido esempio di poesia civile. Infatti, nei sui versi, 295 endacasillabi sciolti, Foscolo prendendo spunto da una vicenda giuridico-politica, si dirige verso una profonda meditazione sulla tomba e sulla sua funzione consolatoria. Nel carme sostiene che le tombe, sicuramente inutili per i morti, sono importanti per i vivi poiché consentono a tutti gli uomini di poter sopravvivere nel ricordo dei propri cari. Inoltre afferma che le tombe degli uomini illustri esercitano sul popolo una funzione educatrice e uno stimolo a compiere nuove imprese degne di lode. L’attualità del Foscolo e della sua lirica è particolarmente importante ed interessante, soprattutto nel periodo della Commemorazione dei defunti, perché ancora oggi notiamo come, con la visita, presso i cimiteri, ai nostri cari che ci hanno preceduti, le tombe sono fondamentali per i vivi poiché generano l’illusione – e non a caso si parla di illusioni foscoliane o di “religione delle illusioni” di questo poeta - che il defunto, possa, in qualche modo, sopravvivere nel ricordo dei propri cari, sebbene per il morto sia indifferente la tomba che gli è assegnata.

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