Tutte le novità
29 Maggio 2017 - 14:01
Con questo titolo, Elio Vittorini traduceva in Italia la stupenda raccolta di racconti di William Saroyan, nato negli Stati Uniti da una famiglia armena scampata al genocidio, un affresco vivo e mirabile di caratteri e storie d'emigranti, come una sontuosa pinacoteca itinerante. Ricordiamo il libro, negli Oscar tascabili Mondadori, acquistato, ai tempi del liceo, con 350 delle 500 lire della paghetta settimanale, colpiti dal gesto dello scrittore scomodo che, per primo, aveva rifiutato il premio Pulitzer. Avremmo potuto titolare anche con “L'America! L'America!”, prendendo spunto da quel significativo fotogramma del film di Tornatore, epilogo della gara ad avvistare per primi la statua della Libertà, non soltanto finzione cinematografica, ma inizio della storia del sogno americano per intere generazioni di emigranti, ma a 2 giorni dall'anniversario della morte di Saroyan ci è sembrato un gesto dovuto. Forse, molti che in questi mesi di scempio Trump hanno accompagnato gli eventi del suo insediamento a capo della più potente nazione del mondo, compresi rispettabili opinionisti di questo giornale, stanno incominciando a comprendere ed a ricredersi di chi e di cosa stiamo scrivendo da tempo, consigliando d'interpretare con attenzione la labile dicotomia americana, fluttuante fra anelito alla libertà e conservatorismo sciovinista, fra altruismo ideale e pratico egoismo, fra spazio da conquistare e suolo da difendere ad ogni costo, fra rispetto delle libertà e possesso delle armi, fra repubblicani e democratici. Certo, alcuni hanno sperimentato con mano la realtà attuale americana, ma sempre con gli occhi di inviati, mai presenti per il tempo sufficiente ad immergersi “full time” in quel vissuto quotidiano, variegato ed al tempo stesso monotono nei suoi ritmi codificati e standardizzati. Non basta riunire in un “diner” di Detroit 4 o 5 delusi da Obama, ora sfegatati - ma sempre sfigati - elettori di Trump, per confezionare una personale statistica su come l'America continui a credere nel biondo tycoon, ed essere poi puntualmente smentiti dalla sue gaffes e l'inaccettabile ignoranza sulla grande storia - the american heritage - del Paese che sta governando con la stessa delicatezza e sagagia del gestore di un qualsiasi “fast food”. La vastità continentale degli Stati Uniti è il paradossale collante del sentimento d'appartenenza nazionale, perché consente di smussare gli angoli e le forti differenze sociali e culturali delle relazioni “interstates”, permettendo di salvaguardare una sostanziale libertà legislativa e amministrativa ad ogni stato; ad Atlanta, dove ancora non è prudente alzarsi per far posto ad un “coloured”, o a Boston, dove pazienti bianchi discendenti dai padri pellegrini fanno la fila per essere operati da un famoso ortopedico “afroamericano”. Salvini, Le Pen, Petry e tutta la schiera di coloro, politici o giornalisti, che hanno salutato il nuovo messia della destra, incominciano a perdere colpi, come gli stessi centristi dell'ultima ora che avevano tentato di salire a bordo della Cadillac presidenziale; sentono puzza di tradimento, non accettano la propria incauta valutazione e restano attoniti osservando le “relazioni pericolose” fra Trump, Putin, Erdogan e Kim Jong che gioca alla guerra. Come abbiamo più volte scritto, questo rozzo biondone, padre tedesco e madre scozzese emigrati in Usa, è l'espressione più calzante della presente confusione identitaria americana. Non ha la vista lungimirante dell'aquila né la saldezza tetragona del grizzli, simboli della sua nazione, riesce a malapena a fare il gioco dell'oca: 2 caselle avanti, 3 caselle indietro e così via. Rappresenta la peggiore iattura dello scenario politico americano ed internazionale, ma non sperate nella trappola illusoria dell'impeachment. Se amanti delusi o avversari, credono di vederlo inciampare su tale possibilità, significa che ancora non comprendono la terra dei liberi. La complessità della procedura, tende a garantire fino all'estremo la figura presidenziale, e soltanto un gesto spontaneo di dimissioni può cambiare le cose: un estremo, consapevole e responsabile gesto da statista vero che non è nelle corde del limitato ed instabile parvenu alla Casa Bianca. E allora, signori, godetevi il Trump, nel frattempo leggete o rileggete William Saroyan e poi fateci sapere di... che ve ne sembra dell'America?
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo