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Circumvesuviana, storia di un’odissea campana

Per descrivere gli ultimi gravissimi episodi che hanno interessato la Circumvesuviana mi viene in mente un’unica parola: odissea. È quella che vivono quotidianamente coloro  pendolari, turisti e utenti in genere  che, per spostarsi, sono costretti ad affidarsi, con tutti i rischi e i pericoli del caso, ad un servizio di trasporto estramente gestito. A distanza di pochi giorni, sui treni della Circum si è rischiata due volte una tragedia: prima con un convoglio da cui si è staccata parte della copertura del tetto (proprio così!), poi con un treno che è addirittura deragliato. Domenica scorsa, invece, a Vico Equense, un bus di linea  privo di manutenzione  si è persino schiantato contro un’auto in sosta. Questo senza considerare le migliaia (sì, migliaia) di treni soppressi e le decine di migliaia di ore di ritardo accumulate in questi anni. E come dimenticare gli esodi a piedi dei passeggeri rimasti bloccati in galleria o in mezzo alla campagna per ore e costretti a marciare per raggiungere la ...terra promessa? Scene che hanno fatto il giro del Paese, ridicolizzando la nostra immagine. Una gestione da record, insomma, tanto da far meritare ad Eav  ormai per il terzo anno consecutivo   il “riconoscimento” di peggior ferrovia d’Italia, come certificato dal rapporto Pendolaria di Legambiente. Siamo dunque di fronte ad una situazione che davvero preoccupa ed inquieta tutti. Tutti, tranne i vertici dell’Eav che invece restano impassibilmente inchiodati alle loro poltrone e ai loro lauti stipendi, periodicamente incrementati in modo più o meno palese. Quel che sconcerta ancora di più  se fosse possibile  è che costoro, con cinica ipocrisia, continuano a provare a scaricare le loro, pesanti, responsabilità di fronte al succedersi di errori e sbagli di tale portata principalmente nei confronti dei lavoratori. E se qualcuno di loro prova a protestare, fioccano sanzioni e licenziamenti, insomma esattamente il contrario del “padrone delle ferriere” di Georges Onhet. Da  componente della Commissione Trasporti del Consiglio regionale, non mi stanco certo di denunciare questo sgangherato sistema e ho letteralmente perso il conto delle interrogazioni presentate (anche da qualche collega meno timoroso dei meccanismi intimidatori deluchiani) per fare luce sui ritardi, sulla soppressione delle corse (a cui, tra l’altro, non si fa fronte con bus sostitutivi), sugli incendi, sulle avarie e gli altri disservizi catastrofici. Chi non ricorda poi la vicenda del treno noleggiato come taxi per un’allegra festicciola della ricca borghesia napoletana dietro il favoloso corrispettivo di 1.210 euro iva compresa? Una storia  emblematica, in grado di testimoniare da sola le ragioni per le quali Eav perde regolarmente decine e decine di milioni di euro.  Per non parlare delle opache pratiche clientelari, delle promozioni a pioggia e in violazione del regolamento, del fiume di denaro investito in percorsi formativi discutibili, degli appalti, dei contenziosi a fisarmonica e di mille altre vicende inquietanti. Con dietro l’angolo il rischio di un crac finanziario, per nascondere il quale si fa ricorso disinvoltamente a maquillage contabili e a operazioni di ingegneria societaria. Eppure soltanto sei anni fa l’attuale amministrazione regionale ha potuto contare su di un provvedimento straordinario da parte del governo nazionale, peraltro  richiesto dalla precedente amministrazione di centrodestra. Nel 2016, infatti, furono messi a disposizione ben 600 milioni di euro in favore di Eav e furono varate norme speciali e di favore per il suo salvataggio. A questo si aggiungano i cospicui fondi  che la programmazione europea, nazionale e regionale direttamente o indirettamente assegna periodicamente alla società regionale  e ora anche le dotazioni attribuite   nell’ambito del Pnrr (oltre mezzo miliardo di euro) ad Eav. Un vero e proprio fiume di denaro, in buona parte già sparito, e che per il resto continua ad essere gestito da questi improvvisati manager. In un Paese civile, di fronte a tutto ciò, le dimissioni sarebbero arrivate da tanto tempo. Ma i fatti dimostrano che da costoro non possiamo aspettarcele. E allora lo chiediamo direttamente a chi ha il dovere di controllarli, l’Ente regione. Vincenzo De Luca e i suoi vogliono continuare ad essere complici e far finta di nulla o vogliono prendere finalmente atto del fallimento, chiedere scusa ai campani, e individuare nuovi amministratori senza ricorrere al mero requisito della fedeltà canina? A loro la scelta. 

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