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03 Maggio 2023 - 16:47
Cari amici lettori, è tempo di dimenticare tutti i vecchi dirigenti della sinistra, da Gramsci e Togliatti fino a Letta. Dimentichiamo anche “Il capitale”, “Il manifesto dei comunisti” e “Il catechismo dei comunisti”, Lenin e Stalin. È cominciata una nova era per la sinistra. Il nuovo manifesto e il nuovo catechismo sono su “Vogue”. Su questa nuova Bibbia sono i principi della sinistra al femminile. Sembra che la sinistra abbia voluto rispondere a tono alla nuova destra espressa da Giorgia Meloni, incoronando dalla sua parte Elly Schlein. E, ovviamente, la differenza fra le due donne è abissale, assai maggiore di quella che c’era fra Hitler e Stalin. Giorgia si è presentata subito con la pretesa di essere chiamata “Il presidente” e non la presidente o la presidentessa. Resta una donna, ha una famiglia, una figlia che porta a volte con sé, senza curarsi delle assurde critiche degli avversari (ma forse dovrei dire nemici). Resta una donna nella vita, ma in politica non è femminista, non punta cioè all’emarginazione del maschio. Non ha nulla di diverso dalle donne che l’hanno preceduta, da Indira Gandhi a Golda Meir, da Evita Peron a Vigdís Finnbogadóttir, da Margareth Thatcher ad Agela Merkel. Elly, al contrario, è profondamente femminista, nel peggior senso della parola. Tiene a ricordare di esser donna, anche se si accompagna a un’altra donna e non intende contribuire alla continuazione della specie. Nei suoi programmi c’è il sostegno a tutte le tendenze contemporanee per la distruzione della tradizione e della famiglia. Le ideologie della Silicon Valley e della sinistra democratica Usa, nella quale ha cominciato a far politica. Non c’è da meravigliarsi. Giorgia viene dal proletariato, sa cos’è la lotta per vivere. Elly viene dall’alta borghesia, da quei salotti nei quali la sinistra si è trasferita, abbandonando le fabbriche. Tutto questo esclude che ci si possa meravigliare del suo ultimo exploit, che ha fatto un grandissimo (e in parte immotivato) scalpore. L’intervista di Elly è lunga e tocca molti argomenti, non tali, peraltro, da suscitare interesse. Ma c’è quel rigo: “In generale dico sì ai colori e ai consigli di un’armocromista, Enrica Chicchio”. Rigo che ha scatenato commenti, ilarità e sfottò di ogni genere. Il problema è che nessuno, a cominciare da me, sapeva cosa fosse un’armocronista. Certamente nessuno che appartenga a classi non eccezionalmente agiate. Non i piccoli commercianti costretti a chiudere dalla crisi, non gli operai rimasti senza lavoro, in una parola non i lavoratori, quelli che Marx invitava a unirsi per combattere il capitalismo. L’armocromista, amici lettori, è una persona che fornisce, a pagamento, consigli sugli abiti da indossare, in particolare sui colori. Quella che consiglia Elly prende trecento euro l’ora, dico trecento euro l’ora! Figuratevi come la cosa possa colpire quei lavoratori di cui sopra. Bisognerebbe fare una raccolta di tutte le vignette pubblicate sull’argomento, in particolar modo sul social. La battuta migliore mi è sembrata quella di De Luca, il governatore della Campania, il quale si è offerto di prendere il posto della Chicchio a metà prezzo. Ma tanti sfruttano la circostanza che Elly, oltre a non essere bella, non appare nemmeno elegante. Io, però, mi sento di difendere questa capopopolo che non poteva rendersi conto della gaffe in cui è caduta. Ella tiene a essere donna e, non volendo né un uomo né dei figli, non ha altro modo di esprimere la femminilità che con il diritto all’eleganza. Diritto che ella soddisfa, a differenza di lady Sumahoro, non già con i soldi dei profughi, ma con quelli della sua ricca famiglia. Elly non conosce la miseria, ignora il bisogno, non ha idea dei problemi delle persone che dice di voler rappresentare. Ha detto una verità che le sembrava normale, inconsapevole di guadagnarsi alcuni giorni d’incredibile celebrità (negativa). Dobbiamo ringraziarla. Se non fosse per lei, tanta gente che ingenuamente votava per la sinistra ha potuto vedere con gli occhi dove era andata a finire.
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