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Non cambiamo il nome di piazzale Vincenzo Tecchio

A scanso di equivoci lo dico subito: sono contrario al cambio di nome di piazzale Vincenzo Tecchio! Già nel gennaio del 2018, il sindaco de Magistris, quello con la bandana che prometteva, di “scassare tutto”, promessa poi mantenuta lasciando macerie ovunque, con un post su Facebook annunciò il cambio di nome di piazzale Tecchio in piazza Ascarelli. Promessa che dovette poi rimangiarsi di fronte alla ferma opposizione di intellettuali ed associazioni e, soprattutto, al parere contrario di una istituzione culturale importante come la Società Napoletana di Storia Patria. La vicenda è ritornata di attualità lo scorso 2 giugno quando l’attuale sindaco Manfredi ha annunciato l'avvio della procedura per valutare l'intitolazione di piazzale Tecchio a Giorgio Ascarelli a seguito di un appello lanciata da familiari e Comunità ebraica. Ma anche questa volta c’è stata una sollevazione in città e per iniziativa del prof. Raffaele Aragona, è stato promosso un appello al sindaco per invitarlo a rivedere questa decisione, documento al quale hanno subito aderito note personalità della città di diversa estrazione ed orientamento politico. Tra i firmatari, infatti, si annotano Orazio Abbamonte, Mirella Barracco, Alessandro Castagnaro, Biagio de Giovanni, Cesare de Seta, Emma Giammattei, Marta Herling, Costanzo Jannotti Pecci, Luigi Labruna, Paolo Macry, Eugenio Mazzarella, Ernesto Mazzetti, Giulio Pane, Massimo Pica Ciamarra, Guido Trombetti, oltre che lo scrivente. A questa iniziativa ha fatto seguito una petizione on-line alla quale è possibile aderire sulla piattaforma on-line di campagne sociali Change.org. Vincenzo Tecchio, va ricordato, fu presidente provinciale del Partito Nazionale Fascista e deputato. Inoltre, fu proprietario di questo giornale, il “Roma”, che acquisì tramite la società editrice “Il Mezzogiorno”, di cui era presidente. Mussolini lo nominò anche presidente dell’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale) e, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, aderì alla Repubblica Sociale. Ma Tecchio fu assoluto protagonista della trasformazione urbanistica di Napoli che modificarono la struttura urbana con opere importantissime come la Mostra d’Oltremare, che a ragione viene tutt’ora considerata tra le più importanti della moderna architettura europea, e disegnando la struttura del quartiere Fuorigrotta. La Mostra fu costruita in appena sedici mesi e con Tecchio collaborarono alla realizzazione un gruppo di giovani ingegneri ed architetti napoletani. Fu realizzata su un’area di oltre 1.000.000 di m² e comprendeva 36 padiglioni espositivi, un palazzo degli uffici un'arena all'aperto dalla capienza di più di 10mila persone due teatri, una piscina olimpionica, ristoranti e caffè, un parco divertimenti, un parco faunistico ed un acquario tropicale. I suoi meriti furono riconosciuti anche dal Partito comunista che nel 1953 in Consiglio comunale votò, un mese dopo la morte di Tecchio, un provvedimento, poi approvato alla unanimità, per dedicargli l’attuale piazzale. Eravamo nell’immediato dopoguerra e tutto potrebbe far pensare che le decisioni potessero essere ancora influenzate dall’odio ciellino ma, invece, l’antifascismo intelligente adottò il principio secondo il quale quando i fascisti avevano operato per il bene comune si facevano prevalere i meriti professionali sulle ideologie. Ed è la motivazione che anche oggi, prescindendo da qualsiasi considerazione di ordine ideologico, muovono le iniziative per difendere la memoria di un napoletano che merita di essere ricordato e onorato per il suo lavoro che ancora oggi è visibile e contribuisce alla bellezza della nostra città piuttosto che per la sua militanza politica anche perché, e su questo vorrei che qualcuno riflettesse, la storia non si cancella cambiando i nomi alle strade. Allo stesso tempo si manifesta un sostegno generalizzato alla proposta di intitolare a Giorgio Ascarelli, prestigioso membro della comunità ebraica napoletana e grande imprenditore, presidente del Napoli, costruttore del primo stadio cittadino e benefattore della città, un altro luogo nei pressi del Rione Luzzatti, dove costruì lo stadio - oggi perduto - a lui intitolato dopo la morte.

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