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21 Ottobre 2023 - 15:08
Un ombrello. Certo, resterà aperto solo per un anno, ma è pur sempre un ombrello. Il Governo l’ha tirato fuori per mettere famiglie e redditi medio-bassi al riparo dal peggioramento dell’economia, varando l’unica Manovra economica possibile alle condizioni date. Di negativo c’è che il disavanzo pubblico aumenta, perché quasi 16 miliardi di euro saranno coperti in deficit; tuttavia Palazzo Chigi ha scelto di difendere per quanto possibile la domanda interna, evitando così che la spinta recessiva esterna (politica monetaria restrittiva e crescita in retromarcia) sia amplificata dalla politica fiscale. Inoltre, non va sottovalutato il coraggio con il quale l’Esecutivo non ha ceduto alle sirene di chi chiedeva di bruciare ulteriori risorse sull’altare dei prepensionamenti, riportando la previdenza sostanzialmente su un sentiero di conferma della legge Fornero (ma non ditelo a Salvini). Il cliché al quale assistiamo in queste ore, che vede le opposizioni giudicare negativamente la legge di Bilancio, è tanto consolidato quanto falso. Basta fare due conti per comprenderlo: 1) il taglio del cuneo fiscale è concentrato su chi guadagna al massimo 25mila euro; 2) il primo modulo della riforma dell’Irpef impatta sulle aliquote più basse. Il combinato disposto di queste due sole misure comporta che su base annua chi guadagna fino a 25mila euro si porterà a casa circa 1.300 euro in più. Si tratta di uno stipendio aggiuntivo che servirà a contrastare almeno in parte l’inflazione: con questi chiari di luna non pare una cosa da buttare. Come non sono da buttare i 3 miliardi per la sanità e le deduzioni per le assunzioni a tempo indeterminato da parte delle imprese, che possono raggiungere il 130% nel caso di contratti per mamme, giovani, disabili ed ex percettori di Reddito di cittadinanza. Era difficile fare di più senza toccare il moloch della spesa pubblica. Anche se sembra incredibile, contro questo scudo ai redditi mediobassi la Cgil è pronta allo sciopero generale e la sinistra andrà in piazza. Sono incorreggibili. Anche perché sono gli stessi che difendono il Superbonus grillino che continua a divorare risorse: altri 15 miliardi nel 2023 sottratti a investimenti e tagli di tasse. Ora però, messi in sicurezza i conti nel breve periodo, non è pensabile che il centrodestra si rassegni a continuare a giocare sulla difensiva. Responsabilità e realismo non possono diventare l’alibi per limitarsi alla manutenzione dell’ordinario. È immaginabile eliminare il taglio del cuneo fiscale nel 2025, o tornare alle quattro aliquote Irpef? No. Bene, allora bisogna ragionare fin d’ora su dove trovare i soldi. Dev’essere chiaro agli italiani (e ai mercati) come e dove si recuperano le risorse per rendere strutturali i tagli fiscali - che valgono solo per il 2024 - e fare le riforme. Almeno quelle di giustizia e Pubblica amministrazione per mettere un po’ di carburante nel Pil. Occorre uno scatto di reni. È necessario stilare al più presto un programma credibile, iniziando da subito per giungere entro un anno a definire una ricomposizione della spesa pubblica e una traiettoria credibile di discesa del debito. In attesa di capire se arriveranno davvero i 20 miliardi in tre anni dalle privatizzazioni promesse, alla ineludibile riqualificazione della spesa corrente va affiancato il rilancio deciso degli investimenti. Il che ci porta dritti al Pnrr: due rate sono già arrivate, la terza è già stanziata e la quarta dovrebbe giungere entro fine anno. Eppure non si riesce ancora a capire quanti cantieri sono stati aperti e che benefici stanno apportando in termini macroeconomici. Gli investimenti europei sono l’unica arma che abbiamo per sostenere la crescita e contrastare un’inflazione che resta ancora elevata. Occhio: l’Istat ha appena certificato che la spesa delle famiglie è ferma e ormai si tagliano anche gli acquisti alimentari, mentre le previsioni dicono che l’anno prossimo l’Italia crescerà meno di tutte le altre Nazioni dell’Eurozona. Dopo il tempo della prudenza deve venire quello dell’azione.
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