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L'opinione
19 Giugno 2024 - 13:13
Sul quotidiano “la Repubblica” è apparso un surreale articoletto che sarebbe passato inosservato se non ci fossimo trovati di fronte, invece, all’ennesima evidenza di quanto la sinistra nostrana sia oramai in conclamata e inarrestabile crisi di astinenza da tutto ciò che dovrebbe rispondere ai criteri basilari di equilibrio, correttezza, buon gusto e, soprattutto, amore per la verità e buona informazione. Nel citato articolo, si dava comunicazione di una petizione lanciata su Change.org da una sedicente “rete antifascista, antirazzista e antisessista Veronesi aperti al mondo - Verona città aperta” e volta a chiedere “al sindaco, alla giunta e al consiglio comunale della città scaligera” di cancellare il nome di Nicola Pasetto dalla sala del Municipio di Palazzo Barbieri e dal Lungadige a lui intitolato. La motivazione di tale richiesta riguarda la trascorsa appartenenza di Nicola Pasetto al Movimento Sociale Italiano e al Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del MSI e la sua presunta responsabilità in non meglio specificati episodi di violenza politica. Nicola Pasetto morì nel 1997 in seguito a un incidente d’auto sull’autostrada Serenissima. Le vicende della sua vita e il ricordo che ha lasciato nei cuori di tanti suoi concittadini parlano da soli e dicono tutto di lui. Come decine di migliaia di giovani della sua generazione militò nelle file del Movimento Sociale Italiano - partito presente nel nostro Parlamento sin dal 1948 e sempre votato da milioni di Italiani - e nelle sue organizzazioni giovanili. Fece politica in anni difficili, quando dichiararsi di destra e fare politica a destra equivaleva a rischiare la vita ed entrare nel mirino di quelle organizzazioni dell’estrema sinistra che facevano della violenza politica una prassi e un osceno rituale quotidiano, destinato addirittura a non fare più notizia. Lui stesso fu aggredito da elementi dell’ultrasinistra nel 1981, mentre affiggeva semplici manifesti di propaganda e poi surrettiziamente denunciato da quegli stessi aggressori dalla cui furia aveva cercato di difendersi: prassi comune in quegli anni, in cui i violenti della sinistra si trasformavano miracolosamente da aggressori in vittime, secondo un collaudato e avallato copione. Eletto deputato in Parlamento per il Msi e poi nelle liste di Alleanza Nazionale, fu componente di numerose commissioni alle quali diede un contributo notevolissimo in termini di esperienza e capacità propositiva e mantenne comunque sempre vivo il legame con la sua città e con la sua regione, per le quali si spese sempre moltissimo. Alla sua morte prematura, all’età di 35 anni, fu ricordato anche dai suoi più leali avversari politici e nessuno protestò quando quel tratto del Lungadige veronese e quella sala in Municipio furono intitolati a suo nome. Che cosa accade, dunque, oggi? Una cosa alla quale non pensavamo si potesse mai giungere e che purtroppo è sotto gli occhi di tutti. Il caso di Nicola Pasetto è uno dei tanti episodi che ci riempiono di amarezza e di rabbia. Sconfitti sul piano delle idee, dei programmi e del consenso elettorale, certa sinistra - e non soltanto quella più estrema - fa ricorso sistematico alla mostrificazione dell’avversario politico e alla rimozione sistematica della verità storica e della oggettività dei fatti, tentando di riscrivere entrambe a proprio uso e consumo e facendo della falsità, della calunnia e della menzogna uno strumento disinvolto di lotta politica. Cari “signori”, che si infanghi la memoria delle persone perbene e poi si passi con protervia e malafede a gettare discredito su generazioni di ragazze e di ragazzi che hanno lottato per valori di libertà che voi non sapete neanche lontanamente dove stiano di casa, non ci sta bene. Perché ci offende. C’è una linea rossa che è invalicabile. Anche se la vostra narrazione è oramai marginale e ininfluente, non vi è consentito, sappiatelo, di superarla.
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