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L'opinione
23 Giugno 2024 - 16:44
La parola caso deriva dal latino “casus”, caduta. Nelle lunghe veglie notturne delle legioni romane e in epoca medioevale il passatempo più comune, per i soldati costretti all’ozio nelle stazioni di guardia, era il gioco dei dadi. Questo gioco è stato per secoli l’occasione di svago di tanti uomini che avevano poche altre occasioni di divertimento. La caduta dei dadi, lanciati nel gioco, mostrava i numeri sui quali era puntata la speranza dei giocatori. E tale caduta era ritenuta una coincidenza fortuita. Di qui la parola caso. Chi si accaniva nel gioco, aspettava dal “casus” (dalla caduta dei dadi) ciò che desiderava. Questo concetto di caso venne poi trasferito alle tante circostanze dell’esistenza umana e dei suoi avvenimenti: un incontro, una vittoria, un incidente, un qualsiasi altro fatto che si riteneva accadesse per combinazione fortuita. Ma la caduta dei dadi, un tempo ritenuta, appunto, semplice evento fortuito, non dipende affatto dal caso nell’accezione corrente del termine. Quando il dado cade e mette in mostra un numero, obbedisce a una serie di cause simili a quelle che governano gli eventi della vita. Si è accertato che ciò dipende da un insieme di circostanze precise: la distanza del tavolo, la posizione del dado nella caduta, la mano che lo prende, lo stato d’animo di chi lo estrae, l’energia messa nel lancio, il tavolo su cui cade, la mano che lo stringe, il piano del tavolo e altre innumerevoli cause, non solo contingenti, ma anche precedenti, come lo stato del dado quando è stato costruito. La caduta è determinata da un concatenamento di cause note eignote e tutte contribuiscono a far sì che proprio quello sia il numero che appare. Se tutto ciò venisse trasferito ai fatti e agli avvenimenti dell’esistenza umana, se ne potrebbero constatare i riflessi. La caduta dei dadi diventa fatto emblematico degli avvenimenti della vita e della storia dell’uomo ed è certamente una dimostrazione di come, nelle vicende del mondo, nulla è lasciato a se stesso, ma tutto dipende da cose che vanno attentamente studiate, prima di etichettarle avventatamente come eventi fortuiti e casuali nel comune significato della parola. Certo, spesso è quanto mai arduo pensare a questo intreccio di cause ed effetti, poiché non solo non possiamo risalire sempre all’origine, ma non possiamo in alcun modo vederne sempre in chiaro la trama. Grave errore, però, è fermarci alla causa occasionale di ciò che accade, considerandola la sola responsabile di fatti e vicende, perché essa è soltanto ultima di una concatenazione, a volte anche assai lunga, di “come” e di “perché”. Qualunque sia la causa occasionale di un fatto, vi sono sempre una o più cause antecedenti che hanno determinato il fatto stesso. La causa occasionale ultima è soltanto la scintilla che fa sì che l’effetto si verifichi. Insomma, è importantissimo andare sempre oltre le apparenze e gli accadimenti che percepiamo come accidentali e basta. Dobbiamo sforzarci di intraprendere, oggi più che mai, sentieri diversi dai percorsi obbligati del pensiero ai quali,per tanto, troppo tempo, siamo stati costretti. È il momento giusto per farlo.
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