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L'opinione
23 Giugno 2024 - 16:46
Caro Direttore, per correttezza verso i lettori oplontini, consentimi, per una volta, di cominciare con una precisazione di una nota apparsa ieri sul “Roma”: il ballottaggio per il sindaco di Torre Annunziata, fra Cuccurullo del centrosinistra e Carmine Alfano del centrodestra, previsto per oggi e domani, si farà regolarmente nonostante Alfano abbia rinunciato. Il “Ministero dell'Interno con la sua circolare n. 118 del 15 giugno 1993”, infatti escluse “la possibilità di rinunciare alla candidatura per i candidati alla carica di sindaco ammessi al ballottaggio”. Detto questo, invitando i torresi a votare, “tiremm innanz”. “Sepolcri imbianchiati”, “vecchie caratiadi della politica”, scribi, nani, ballerini e “premier senza popolo” ovvero i “signorotti” arrivati a palazzo Chigi, senza passare per le urne. Hanno rotto il silenzio. La randellata subita dai loro “amichetti” alle Europee gli ha fatto ritrovare la voce, e hanno ricominciato a “blaterare” di una nuova accozzaglia made Ulivo, capeggiata dal vecchio fondatore, Prodi, con Rutelli federatore e Mastella primo sostenitore. Il trio delle meraviglie, anni tremila. Con quale l'obiettivo? Manco a dirlo, fermare la destra che al governo per il loro carattere sta facendo troppo bene e rischia di tenerli troppo a lungo lontani dalle poltrone che contano. Solo per ribadire, quindi, che sono loro che devono governare con voto o senza voto. Stavolta, però, non gli sarà facile. Non basterà continuare ad annunciare catastrofi e gridare “al lupo, al lupo”. Gli italiani li hanno sgamati e non credono più all'uomo nero. Vedi, il risultato delle europee. Possibile, però, non si rendano conto che con tale protervia ed arroganza, fomentano gli odi, rischiando di riportare le lancette degli orologi agli anni di piombo? Stesso discorso e medesima aspirazione al di là dei nostri confini. Dove da lunedì, sono cominciate le trattative per la nuova commissione Ue. Alla cui maggioranza, liberali e socialisti – nonostante la sconfitta subita - sembrano non volere né la partecipazione né l'appoggio esterno dei conservatori che hanno vinto. E, soprattutto, non intendono cedere all'Italia quel ruolo centrale che le spetterebbe di diritto perché: fondatrice dell'Ue, seconda manifattura e terza economia dell'area. E perché quello tricolore è stato l'unico governo europeo uscito vincente dalle urne e la cui premier è anche leader del Gruppo dei Conservatori Europei che, con le 11 nuove adesioni post-elettorali, si ritrova 83 europarlamentari. Più dei macroniani. Un ruolo che dovrebbe girare attorno a due incarichi, di prestigio per i quali, la premier, ha proposto: la Belloni agli Affari interni o ai migranti e Giorgetti al Bilancio europeo. Ma gli eurosinistri non ci stanno. Tant'è che se l'agenzia Blomberg segnala che “snobbare la Meloni in Europa sarebbe un errore”, Scholz e Macron per ridimensionarne il risultato e la centralità costringono l'Ue, a lanciare – pur sapendo che l'Italia non ci sta - i soliti due ricatti: l'ingresso di Enrico, stai sereno, Letta nel Consiglio europeo e la ratifica del Mes e sperando anche che le trattattive per la nuova commissione si concludano prima delle elezioni anticipate in Francia. Un'altra sconfitta di Macron potrebbe avere, infatti, ripercussioni “tragiche” per loro. Nella distribuzione delle poltrone, ovviamente. Incuranti del pericolo che l'Europa - per le costosissime ecofollie ideologiche della transizione green e le guerre in atto, già non attraversa un momento di grande splendore – possa vedere ulteriormente peggiorare le proprie condizioni. Causa il protarsi delle guerre in atto e il ritorno della pace che sembra allontanarsi sempre di più. Ed è, proprio per questo che il 51% dei Paesi membri: l'Italia più altri 13 – sollecitati dalla Meloni che li ha accusati di fare solo giochi di potere, hanno rifiutato le “avances” di Macron e Scholz per la costituzione di una maggioranza: Ppe, liberali e socialisti, con l'esclusione di conservatori, sinistra non allineata e verdi, ma pretendendo di continuare a contare sui loro voti, quando occorre. Ed è fin troppo evidente che l'avviso del ritorno del “patto di stabilità”, del rigore e dell'infrazione per deficit - nel pieno delle trattative politiche per la formazione della commissione - rappresenta un ulteriore problema per noi e gli altri 6 Paesi, - compresa la Francia - “avvisati”. La Meloni, nel rivendicare il successo del G7 ha promesso che in Europa “ci saranno sorprese”. La speranza è che siano positive per l'Italia.
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