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26 Giugno 2024 - 10:33
Da parecchio tempo ormai assistiamo a una vera e propria campagna di demonizzazione dell’autonomia differenziata da parte delle sinistre. Non a caso uso questo termine “demonizzazione” perché è l’unico in grado di trasferire l’idea di una martellante azione, portata avanti con l’unica finalità di rappresentare la nuova legge in modo deformato, allarmistico, sbandierando fantomatiche tesi che si fondano su nessun elemento oggettivo. Del resto, ogni volta in cui mi trovo ad affrontare il tema, specie nel corso di dibattiti pubblici con rappresentanti istituzionali di diverso colore politico, devo constatare una triste realtà: la quasi totalità degli interlocutori dimostra di parlare di una materia di cui sa poco o nulla. Addirittura spesso chi la critica non si è nemmeno preoccupato di leggere una sola riga della legge!
Insomma, nessuno si confronta davvero con quello che è scritto, nero su bianco, nel testo, ma preferisce evocare scenari apocalittici sul futuro del Sud, basati esclusivamente sull’ignoranza, sulla menzogna e soprattutto sulla malafede. Credetemi, è imbarazzante rendersi conto che presidenti di Regione, assessori, parlamentari e consiglieri si esercitano nella critica “a prescindere”, senza mai confrontarsi realmente col contenuto della legge, senza mai confutare nel merito le regole che questa disposizione ha stabilito.
Col risultato che fioccano essenzialmente luoghi comuni, banalità e ancor di più autentiche sciocchezze. Ed è ancora più triste osservare che tutto questo accade in nome della mera convenienza politica, mentre l’interesse del Paese e del Mezzogiorno avrebbe imposto attenzione, studio, valutazione e proposte! Purtroppo va detto e ribadito la sinistra contrasta l’autonomia differenziata solo per interessi politici e motivi ideologici, solo perché è diventata legge durante un Governo di centrodestra. E che si sia in presenza di una colossale mistificazione, indifferente al merito della questione e ancor di più alle ragioni del Sud, è dimostrato dai fatti, inoppugnabili.
L’autonomia differenziata è stata inserita nella Costituzione per volontà della sinistra che, in occasione della riforma del Titolo V della Carta, la votò compattamente in Parlamento. Anzi, molti dei principali attori di quel voto guidano oggi le file della protesta: fra i tanti, Massimo Villone, Isaia Sales, Massimo D’Alema, Umberto Ranieri, Giuliano Amato e persino il Presidente della Repubblica! Ma non bisogna andare così lontano nel tempo per trovare infinite conferme dell’ipocrisia e della menzogna come paradigma della politica delle sinistre.
Nel 2018 ad accompagnare la richiesta di autonomia differenziata dell’Emilia Romagna avanzata dal presidente di quella regione, Bonaccini, fu proprio l’attuale segretaria del Pd, quell’Elly Schlein che oggi si strappa le vesti per la paventata “rottura dell’unità del Paese”. E che dire dei 5 Stelle che “il completamento del percorso di introduzione dell’autonomia differenziata” l’avevano inserito addirittura nel loro programma elettorale per le elezioni politiche del 2018? Per non parlare del “nostro” campione della doppia morale, Vincenzo De Luca, che il 10 luglio 2019 era talmente ansioso di introdurre l’autonomia differenziata da precipitarsi ad inviare al Governo di allora la nota con la richiesta di adesione della Campania, non condizionata neppure alla preventiva introduzione dei Lep!
E persino sui Lep la sinistra arriva a stravolgere la realtà. Il principale strumento per l’azzeramento del divario tra i territori il meccanismo che appunto stabilisce il diritto di ogni italiano ad avere uguali servizi indipendentemente dal luogo di residenza viene svilito e quasi reso una barzelletta, sul presupposto che “tanto non li faranno mai” oppure del “non ci sono i soldi”. Certo, per questi “sfascisti” sarebbe complicato dover ammettere che la legge voluta dal centrodestra non è soltanto l’affermazione di un principio imprescindibile di democrazia concreta (tutti uguali, non solo a parole e non solo negli slogan), ma soprattutto scandisce criteri e modalità per attuarlo: 24 mesi per identificarli e, man mano che vengono adottati, adeguata dotazione finanziaria per renderli operativi.
A sinistra non hanno neppure la decenza di dire che la legge contiene anche gli anticorpi per evitare furbate: se non si trovano i soldi l’autonomia non parte. Semplice e chiaro, per chi vuole e sa leggere però… D’altra parte, anche la storia del “residuo fiscale” che deruba i poveri per dare ai ricchi, in fondo è una favoletta. L’art. 10 della legge Calderoli individua ben 4 modalità di finanziamento del fondo di perequazione, funzionali appunto a trovare le risorse necessarie per le regioni che non dovessero avere un proprio gettito fiscale sufficiente. Infine, quanto all’ulteriore allarmistica affermazione che, con l’entrata in vigore della legge, sarebbe già dietro l’angolo la frantumazione della Repubblica in tanti staterelli quale effetto della possibilità di dar immediato seguito all’attribuzione alle regioni richiedenti delle materie cosiddette “non Lep”, mi limito ad osservare che la legge ha invece previsto un complesso meccanismo di contrappesi istituzionali destinato appunto a preservare l’unitarietà dell’indirizzo nazionale nella gestione delle relative questioni.
In fondo, però, quale credibilità potrebbe mai avere una classe politica che si scaglia (oggi) contro l’autonomia differenziata senza spendere una sola parola sul meccanismo di riparto delle risorse pubbliche che ai fini dell’erogazione dei servizi ai cittadini è in vigore oggi: quello, famigerato, della spesa storica? Un sistema che si basa sul principio secondo il quale se un Comune, per esempio, non ha un asilo nido vuol dire semplicemente che non gli serve e, di conseguenza, viene escluso dai successivi riparti di risorse per quella spesa! Ed è forse questa la più autentica ragione per la quale sull’autonomia differenziata viene riversato un fiume di fango.
Un meccanismo che punta a valorizzare l’efficienza amministrativa quale strumento per assicurare più risorse ai territori, riducendo la spesa inutile e responsabilizzando chi amministra; è un meccanismo nemico giurato di cacicchi, di incapaci, di mediocri, di strafottenti. Non me ne si voglia, ma questa è la fotografia di buona parte degli amministratori dei nostri territori. E interrogarsi sulla loro appartenenza politica è retorico. Dalla fine della prima Repubblica, salvo qualche breve periodo, il sistema clientelare di cui sono maestri a sinistra, ha garantito loro il controllo di quasi tutte le amministrazioni locali. A partire dalla città di Napoli, governata dalle sinistra da quasi cinquant’anni, o dalla Regione Campania che, in totale, è stata da loro amministrata dal 1994 ad oggi per ben 23 anni su 30, coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti: ultimi per occupazione, per welfare, per sanità, per trasporti e persino per aspettativa di vita.
Ecco, questa patente di incapacità è il più grande schiaffo alla speranza e alla dignità del nostro popolo. Che ha invece diritto ad un futuro diverso, ad una politica diversa, a prospettive di sviluppo diverse, come i numeri che questo Governo sta facendo finalmente vedere qui al Sud con la gestione oculata e attenta dei fondi del Pnrr. Io non so se l’autonomia sarà in grado di cancellare per sempre la questione meridionale, ma so che leggi come queste sono l’unica direzione possibile.
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