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Lettera dal palazzo
28 Giugno 2024 - 13:04
La carta costituzionale è la carta d’identità di un Paese - Da essa se ne ricava l’immagine,
la vocazione, lo stesso modo di essere. È tuttavia necessario che essa sia sempre adeguata all’evoluzione della società e alle sue trasformazioni. In Italia abbiamo una carta costituzionale eccellente (qualcuno l’ha addirittura definita la migliore del mondo), ma siamo stati incapaci di adeguarla alle trasformazioni della società. Tutti coloro che si sono adoperati in questo per chi come lei mira a lasciare il segno, accontentarsi senso (l’ultimo caso è stato quello di Matteo Renzi) si sono “bruciati” e hanno pagato, per il loro impegno, un altissimo prezzo. Ora la presidente del Consiglio Giorgia Meloni porta avanti il suo progetto in modo diverso da come hanno fatto coloro che l’hanno preceduta. Nessuna riforma organica lo caratterizza, ma l’obiettivo è quello di realizzare una serie di misure che modifichino parti non irrilevanti della Carta. Due provvedimenti hanno occupato proprio in questi giorni le aule del Parlamento; quello per l’autonomia regionale e quello per l’istituzione del premierato. Essi dovranno essere sottoposti con un referendum popolare, al giudizio dei cittadini che dovranno sancirne l’approvazione. Non vogliamo qui entrare nel merito delle due leggi che già sono oggetto di vivaci polemiche tra le forze politiche, ma va ricordato che, comunque, una volta approvate definitivamente dal Parlamento esse saranno vincolanti. Perciò, non possiamo fare a meno di domandarci se il sistema adottato sia quello di procedere con provvedimenti singoli, sia quello giusto. Dobbiamo confessare di avere sul metodo seguito più di una perplessità. Sostenere che la Costituzione avrebbe bisogno di un rinnovamento è fuori discussione: del resto non vi è forza politica che non ne sia consapevole, ma tutti ì tentativi di dar vita ad una riforma hanno fatto cilecca, finendo con il ripercuotersi negativamente sulla vita stessa del governo. E tuttavia siamo convinti che la Costituzione sia un unicum, che non può esser fatta a brandelli poiché ogni suo aspetto si riconnette ad un altro. Va, pertanto, riformata unitariamente anche se, certamente, affrontare i vari capitoli separatamente può facilitare il compito dei riformatori. La Meloni, peraltro, ha tenuto ad affermare preventivamente che non si dimetterà anche se il referendum dovesse avere esito negativo. Ma sarebbe davvero possibile per chi, come lei, mira a lasciare il segno, proseguire in simili condizioni? La Meloni governerebbe con il piombo nell’ala e lei si accontenterebbe pur di restare a Palazzo Chigi? Ne dubitiamo.
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