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l'analisi
30 Giugno 2024 - 10:22
Subito dopo l’ultima guerra, negli anni della ricostruzione, di particolare rilievo fu l’opera evangelizzatrice della Chiesa, che inviò dovunque, in paesi, villaggi, schiere di missionari per far sentire alla gente, provata e disorientata dalle conseguenze del conflitto, concreta vicinanza, solidarietà, conforto ma soprattutto la speranza: di credere nel futuro. Oltre alla intensificazione dei riti religiosi, puntò molto ad alimentare una socialità nuova, non solo predicata, ma praticata, nel segno del dialogo, nel far meglio sentire la grandezza vera, misericordiosa di una Chiesa Madre. Un impegno favorito allora dalla coincidente celebrazione del Giubileo, chiamato comunemente Anno Santo, quale apporto specifico di conversione, purificazione, pacificazione ma soprattutto di “nuovo inizio”. Il meglio che si potesse auspicare rispetto a quanto vissuto, sofferto, patito durante la guerra. I missionari portarono sorriso, vitalità, con le loro parole e un esemplare modello di vita semplice, nel trasmettere fiducia e serenità, recuperando anche il ruolo attivo e prezioso delle Congreghe, grazie allo spirito collaborativo del mondo artigianale e rurale. Ma l’aspetto molto interessante, che allora più si percepiva in giro, come qualcosa di nuovo, di sorprendente e di rigenerativo, era la solidale, spontanea mobilitazione di popolo, senza distinzione di età. Nonostante che è qui il motivo della meraviglia nella società del tempo vi fosse un’oggettiva, diciamo pure, incomunicabilità tra anziani e giovani. Ora, a sei mesi dall’inizio del Giubileo 1925 il 24 dicembre, l’antivigilia di Natale già da conto alla rovescia, riandando alle fonti, al tema ispiratore dell’evento, scelto da Papa Francesco: “Essere e farsi pellegrini di speranza, di un cammino comune a tutti, per procedere insieme verso un futuro possibile, migliore, basato sulla speranza, la misericordia, la fraternità” non c’è un “assist”più prezioso e attuale di questo per meglio affrontare tante difficoltà del Paese. Ancora gravato dalle conseguenze del Covide dai disastri collaterali, frutto di scelte irresponsabili e demagogiche. Cui, in questi ultimi tempi, si sono aggiunte le diffuse turbolenze studentesche che hanno interessato le cronache dei giornali per episodi non certo edificanti. Peccato che la politica, troppo presa dalla voglia di polemizzare su tutto, non abbia colto l’importanza straordinaria di questo “assist”. Rileggendo i 6 cammini religiosi, a cura della “Voce delle Voci Onluss”, approvati dalla Regione, che ne segue il progetto, ne riporto solo i capofila: Salerno-Maiori / Montecalvo Ariano /ArianoMirabella Eclano/ Mirabella Eclano Montevergine/Madonna dell’Arco Frattamaggiore/ Alviglianello Piedimonte Matese, è davvero un piacere dell’anima unico, andare per musei, chiese, tabernacoli, testimonianze significative d’arte, si ha sensazione di trovarsi davvero in un “grand tour”. Dove tutto concorre a migliorarsi, a conoscersi, a farsi meglio capire a dispetto di anacronistici isolamenti. Ora manca solo il VII Cammino religioso riguardante l’Alta Irpinia, di particolare emozione mistica in una terra ricca di vette, di monti, di boschi, di paesaggi e di vocazioni eremitiche e claustrali. Ci riferiamo ad alcuni centri di fede antica: Montemarano, dove nell’anno Mille si segnalò il fervore di un vescovo santo Giovanni, che, oltre alla preghiera, provvide a dissodare i campi, da osservante rigoroso della riforma gregoriana. Che salvò la Chiesa da corruzione, simonia e nicolaismo. Sempre qui avvenne il miracolo della “Morta resuscitata di Montemarano” da San Francesco , raffigurata nella 27ma campata della Basilica superiore di Assisinel novero del ciclo pittorico assisano di Giotto e dei suoi allievi. Non molto lontano nel convento di San Francesco a Folloni, tra i più frequentati del Sudi v’è anche il monumento sepolcrale di Diego Cavaniglia, cavaliere della corte aragonese, ferito a morte nella battaglia di Otranto contro i Turchi in difesa della Cristianità, infine a Nusco, il museo diocesano, al Goleto di San Guglielmo il silenzio dei secoli e ancora oltre l’estasi permanente di San Gerardo, che attrae, nel suo santuario tanta gente orante. Chi ha detto che non si prega più?
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