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Il nostro posto
03 Luglio 2024 - 10:21
“Vietato accusare malori o farsi male dalle 18 alle 8 del mattino. Ne va della vostra vita”. Questo il tragico annuncio che andrebbe purtroppo diffuso tra gli abitanti della vasta area a ridosso tra le province di Benevento e Caserta, dove un altro pronto soccorso è “caduto” sotto la scure della drammatica gestione della sanità targata Vincenzo De Luca. Mi riferisco al drappello dell’ospedale Sant’Alfonso Maria de’ Liguori di Sant’Agata de’ Goti: dal 20 giugno scorso, funziona soltanto in orario d’ufficio! A noi della Lega Campania, non appena Asl e Regione hanno annunciato questa inquietante decisione, è parso doveroso intervenire subito per provare a stopparla! Troppo evidenti i rischi per la salute e la vita degli abitanti del territorio. Ma siamo restati inascoltati profeti. E così, appena qualche giorno dopo l’entrata in vigore del nuovo dispositivo, un 43enne residente proprio a Sant’Agata si è sentito male ma non c’è stato nulla da fare. La corsa verso il drappello di Benevento si è rivelata inutile: troppi i 40 chilometri da coprire e il tempo che si impiega a percorrerli. Sembra incredibile, ma questa Amministrazione regionale pare ignorare che, nei casi di emergenza, la velocità dell’intervento sanitario è tutto: è il primo fattore da cui dipende la salvezza o meno di una vita umana. Se avesse potuto avere assistenza immediata e di prossimità, quell’uomo sarebbe sopravvissuto? Saranno gli inquirenti a chiarirlo. Del resto, di sanità e di pronto soccorso chiusi si continua a morire e il caso di Sant’Agata de’ Goti è solo l’ultimo della serie. A fine dicembre scorso, una bimba oplontina di tre mesi è morta dopo una vera e propria odissea. Quando i genitori l’hanno portata al Sant’Anna e Maria Santissima della Neve di Boscotrecase non è stato possibile ricoverarla perché il pronto soccorso lì è chiuso, dal 2020. Hanno dovuto raggiungere il San Leonardo di Castellammare, ma per lei era ormai troppo tardi. Accomunati dalla stessa sorte anche alcuni pazienti che si erano recati al San Giovanni Bosco di Napoli. Come ci è stato segnalato dai loro familiari nel corso di uno dei tanti sit-in a cui abbiamo partecipato per invocare la riapertura del drappello per le emergenze, queste persone erano andate presso la struttura di via Filippo Maria Briganti per ricevere assistenza ma sono state dirottate altrove: come era prevedibile, non ce l’hanno fatta neppure loro. Certo è che queste vicende, come le tante altre legate a doppio filo alla situazione esplosiva che si registra nell’intera Campania, non possono essere disinvoltamente liquidate come sporadiche, isolate o figlie di un “destino cinico e baro”. Semmai occorre finalmente avviare una profonda riflessione sulle responsabilità del disastro, su di una gestione (anche) della sanità fatta di inefficienza, pressapochismo, leggerezza e di scelte inique che hanno portato a ulteriori fallimenti. Se la sanità campana, da quando De Luca e i suoi sono alla guida di Palazzo Santa Lucia, è finita in fondo alle classifiche nazionali ed europee non è frutto del caso. Certo il disastro è cominciato ai tempi di Bassolino, ma quella era una crisi finanziaria, figlia di sprechi, nella quale però almeno i servizi d’emergenza venivano garantiti. Invece, salito in sella sull’onda dello slogan del “mai più ultimi”, De Luca ha letteralmente raddoppiato la portata del dramma sanità. Non solo sprechi, come prima, ma anche rarefazione dei servizi per i cittadini. E questo perché all’esigenza di riportare i conti in ordine (cinicamente imposta dai governi nazionali di sinistra) si è risposto qui da noi non eliminando le fonti di sperpero e tantomeno le politiche clientelari, ma tagliando direttamente i servizi! E così, non è un caso se oggi abbiamo le liste di attesa più lunghe d’Italia, se i tetti di spesa si esauriscono nei primi 10 giorni del mese o se ogni anno 65mila campani - di cui oltre 3.300 pazienti oncologici - sono costretti ad estenuanti trasferte fuori regione per farsi curare, affrontando anche notevoli sacrifici economici. Potrei continuare ancora per molto, ma basta una altro solo dato a dare la dimensione della tragedia: negli ultimi anni, nella nostra regione, sono stati chiusi e mai più riaperti oltre 20 pronto soccorso! Parliamo di drappelli che nel complesso servivano milioni di cittadini. Solo a immaginarlo vengono i brividi. Contro questo stato di cose, la Lega e l’intero centrodestra combattono da sempre una battaglia senza quartiere perché in Campania la salute che, da quasi 10 anni si è trasformata in elemosina, torni ad essere un diritto. Non si contano più le interrogazioni e le denunce che ho personalmente presentato per chiedere all’attuale Giunta regionale di attivarsi per invertire la rotta. Purtroppo abbiamo a che fare con un “clan” capitanato dal “boss delle inaugurazioni”, quel Vincenzo De Luca che della sanità conosce solo ciò che vede quando si trova a tagliare un nastro ad un’inaugurazione, vera o finta che sia (per esempio, per il Policlinico di Caserta eravamo già arrivati alla settima quando ho perso il conto… ). Un quadro drammatico rispetto al quale almeno ci saremmo aspettati una sincera ammissione di responsabilità, se non altro per rispetto della sofferenza di tanti e delle morti ingiuste. E invece, con disinvolto cinismo, da un lato ci si riempie la bocca di primati fasulli (puntualmente smentiti da numeri e fatti), dall’altro si prova disinvoltamente a scaricare le responsabilità su altri. E il ritornello è sempre lo stesso: “Il Governo ci taglia i fondi”. Mai che qualcuno dica le cifre di cui dispone - da dieci anni! - questa Amministrazione. E allora li faccio io. Palazzo Santa Lucia ha annualmente a disposizione una marea di denaro: oltre 15 miliardi di euro. E a questo occorre aggiungere oltre un miliardo e mezzo affidato con lo specifico obiettivo di ridurre le liste d’attesa nel 2023. Insomma, quasi 17 miliardi di euro l’anno, a fronte dei quali vi chiedo se quella offerta ai campani è una sanità che vale questi 17 miliardi. La verità è invece testimoniata dal dossier Svimez 2024: per servizi effettivi erogati, la Campania è maglia nera, con appena 18 euro pro capite a fronte dei 41 della media italiana. E il resto? Servono soprattutto ad accontentare il famelico sistema di potere che è stato messo su in questi anni. Per contrastare questa condotta scellerata continueremo la nostra battaglia di civiltà a difesa dei cittadini, con l’impegno che, una volta mandata definitivamente a casa De Luca, cambieremo le cose in meglio. Non è una promessa, è un dovere.
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