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L'opinione
05 Luglio 2024 - 09:51
Categorie vecchie. Superate. Inservibili. Che non hanno più ragione di esistere. Retaggi di un ’900 lungo e terribile che non ha più nulla da dire al nostro eterno presente. Ricordate? Solo fino a pochi anni fa destra e sinistra erano date per spacciate e il futuro sembrava saldamente nelle mani . di chi preconizzava la fine di entrambe. Oggi la situazione è totalmente ribaltata. Prima il voto del 2022 in Italia, poi quello europeo e ora le elezioni francesi, hanno segnato il potente ritorno di destra e sinistra. Rendendo evidente che laddove le forze alternative alla sinistra hanno la capacità di unirsi, allora non ce n’è per nessuno. Anche in Francia, dov’è bastato che per la prima volta cadesse a destra la pregiudiziale antifascista, con una parte del partito erede del gollismo alleato fin dal primo turno con il Rassemblement national di Marine Le Pen, per rendere possibile ciò che era impensabile fino a pochi giorni fa: fare della destra non più solo il primo partito in termini di consensi, ma anche di seggi. Determinante sarà il voto di domenica, ma anche in questo caso c’è una svolta storica potenzialmente molto importante: per la prima volta anche Les Republicains, il partito neogollista, ha deciso di non partecipare alla chiamata al cosiddetto fronte repubblicano effettuata da Emmanuel Macron, nella speranza di sbarrare il passo alla Le Pen ai ballottaggi. Se ciò basterà a formare una maggioranza lo vedremo, ma sono novità importantissime, che non a caso ha voluto sottolineare anche Giorgia Meloni, affermando che si stanno superando «le vecchie barriere tra le forze alternative alla sinistra». Nelle parole della premier ci sono due aspetti: uno tattico, l’altro strategico. Dal punto di vista tattico, è chiaro che una vittoria netta al secondo turno della destra francese e del centro suo alleato sarebbero un’ulteriore mazzata per Macron, l’uomo che insieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz ha chiuso l’accordo sul bis in Europa di Ursula von der Leyen senza coinvolgere l’Italia e la sua leader. Dal punto di vista strategico sarebbe invece la prova che a Bruxelles la nuova divisione delle destre, stavolta sotto la regia del leader ungherese Vicktor Orban, nuoce alla capacità negoziale complessiva delle forze alternative alla sinistra. Il presidente magiaro ha già incassato il sì del leader della Lega, Matteo Salvini, e sta provando a sfilare al gruppo dei conservatori Ecr diversi eurodeputati. Insomma, per l’unità delle destre in Europa c’è ancora molta strada da fare e un percorso di maturazione che si annuncia non breve. Da questo punto di vista, però, se in Francia domenica si affermerà una coalizione tra tutte le forze politiche che rientrano nel centrodestra, com’è accaduto in Italia due anni fa, allora anche Le Pen si troverà inevitabilmente a dover fare i conti con la necessità di accelerare quella svolta conservatrice che su molti temi ha già iniziato. Se così sarà, il suo esito a lungo termine non potrà che essere l’incontro sulle posizioni oggi rappresentate da Meloni. In ogni caso, indipendentemente da come andrà a finire il secondo turno in Francia, una cosa si può dire fin d’ora con certezza: il progetto di eliminare la destra e la sinistra in nome del loro superamento, di cui l’operazione che portò Marcon all’Eliseo nel 2017 era la punta più avanzata in Europa, è miseramente fallita. Al contrario, sette anni dopo, il presidente si ritrova rifiutato da gran parte dei francesi, non ha potuto fare campagna elettorale per l’impopolarità, è costretto a chiedere il voto per i candidati dell’estrema sinistra che lo odiano come e più dei lepenisti, mentre destra e sinistra si sono ricostituite più radicali e rabbiose di prima. Insomma, un fallimento su tutta la linea per un progetto che voleva essere il nuovo sol dell’avvenire centrista, e che invece è finito esso stesso in crisi. Ovunque tornano destra e sinistra. Si rassegnino i cultori delle ammucchiate.
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