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L'opinione

La scommessa di Orbàn: riaprire la porta ai negoziati

Una non-notizia, la sconfitta clamorosa dei conservatori in Gran Bretagna, prevista anche al bar dello Sport

Una non-notizia, la sconfitta clamorosa dei conservatori in Gran Bretagna, prevista anche al bar dello Sport. E una notizia che invece fa esclamare “chapeau!”:  l’incontro al Cremlino tra il premier ungherese Viktor Orbàn e Vladimir Putin. Orbàn ha inaugurato il semestre ungherese dell’Ue con due mosse spettacolari e dense di significato. La missione a Kiev da Volodymyr Zelenskyper chiedergli un ‘cessate il fuoco’ che apra la strada al negoziato tra Ucraina e Russia, seguita dalla visita a Mosca per sondare la disponibilità, proclamata da tempo, a trattative basate sul realismo e che si sviluppino in modo da essere onorevoli per entrambi i contendenti. Una mossa di straordinario coraggio, senza chiedere il permesso allo zio Sam né il lasciapassare ai governi del duo franco-tedesco sfiduciati dalle urne, che poteva permettersi solo il rappresentante del popolo – isola unna nel mondo slavo - che sfidò pagando copiosamente col sangue lo strapotere sovietico nell’Europa dell’Est, salvata dal nazismo e consegnata allo stalinismo comunista. La premessa di questo sforzo diplomatico è stata l’annuncio dello stesso Orbàn della costituzione delgruppo Patrioti per l’Europa all’europarlamento di Strasburgo. Proprio ieri anche la spagnola Vox vi ha aderito. A significare che il premier magiaro non è più isolato. Di là dal successo o meno dell’iniziativa di Orbàn - che il vetusto cenacolo di Bruxelles ha denunciato tra esclamazioni di rabbia, sdegno e svenimenti da nobili decaduti o decadenti - la prospettiva è quella di riproporre, se non rimettere in moto, un negoziato che Washington e Londra hanno finora ostacolato e che Bruxelles non ha saputo difendere (da parte di alcuni governi) o non ha voluto farlo (da parte di altri, segnatamente polacchi e baltici). A spingere Orbànhanno certamente contribuito la perdita di credibilità di Joe Biden negli Usa e di Emmanuel Macron in Francia, la batosta elettorale di socialisti e Verdi in Germania, la tremenda sconfitta dei Tories in Gran Bretagna che riapre le porte a un laburismo rigeneratosi alla fonte della moderazione e, sul campo di battaglia in Ucraina, il fallimento della controffensiva proclamata dal regime di Kiev che promettere soltanto ancora guerra, morti e distruzioni. Soprattutto, è valsa la considerazione di aver respinto la Russia non fermando la Nato ma portandola addirittura nell’ex Urss, poco lontano dalla stessa Mosca. La follia di aver interrotto il ricongiungimento tra la parte euroatlantica e quella euro-asiatica del Vecchio Continente. E di aver sospinto la Russia verso i vecchi amici che aveva abbandonato, verso il suo passato. Il peggior risultato, quest’ultimo, che la comunità occidentale potesse raggiungere. 

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