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L'opinione
07 Luglio 2024 - 16:11
È sempre istruttivo soffermarsi sugli anniversari di importanti eventi. Mai come stavolta oltremodo necessario, se non doveroso, sul G7, il vertice internazionale dei sette Paesi più industrializzati, che si tenne a Napoli trent’anni fa. Soprattutto alla luce di nuove clamorose rivelazioni emerse solo qualche mese fa su trame, diciamo pure, congiure di palazzo ora provate. Era l’8 Luglio del 1994 quando si aprì il vertice, molto atteso sul piano politico internazionale e locale per un auspicato e qualificato rilancio della città. Silvio Berlusconi, fondatore di un nuovo movimento politico, Forza Italia, era approdato da poco a Palazzo Chigi, dopo aver sconfitto la gioiosa macchina da guerra di Occhetto e di una sinistra ancora disorientata. Il tempo stringeva e dovette moltiplicare gli impegni per far ben figurare l’Italia e naturalmente il suo ruolo di premier in un summit rilevante. Ma Il vecchio e diffuso “establishment”, composto da una estesa rete di interessi, preoccupato di perdere il potere e non contare più nulla meditava già la rivalsa. Che avvenne Il giorno della inaugurazione del vertice. Al premier, pronto ad aprire i lavori sul tema della criminalità organizzata, fu notificato un “invito a comparire”. Inevitabili sconcerto, polemiche e anche irritazione per la notizia, apparsa sul Corriere della Sera, che fece il giro del mondo. “Ma era così tanto importante quella notifica in un giorno particolare - molti se lo chiesero - da mettere a rischio addirittura lo svolgimento di un vertice delicato e prestigioso per il nostro Paese e Napoli che lo ospitava? Altro che importante! Non vi era giorno più ideale di quello per apparecchiare al premier una perfetta “gogna” giudiziaria internazionale e delegittimarlo. Sconcertante fu il silenzio dell’allora Capo dello Stato, Scalfaro, che “non poteva non sapere” dell’avviso, ma di cui invece si sapeva molto bene della ostilità che aveva per Berlusconi, Paolo Mieli, allora direttore del Corriere della Sera, che quel giorno “sparò” la notizia dell’avviso in prima pagina a nove colonne, disse che i mittenti erano i magistrati di Milano. Ma, all’inizio di quest’anno, a vuotare il sacco su quella torbida congiura di bieca slealtà istituzionale, è stato il cardinale Camillo Ruini, già presidente della Conferenza episcopale italiana, il quale ha detto - è il caso di dire, papale papale - che, nel 1994 invitato a pranzo al Quirinale, in quella circostanza, con suo grande imbarazzo si senti chiedere dal presidente Scalfaro di “aiutarlo a far cadere Berlusconi”. Quell’avviso, in realtà, più che a comparire era un avviso “a scomparire” e fu il primo atto di uno “sfascismo” istituzionale, che eliminava politicamente chi era scomodo. E fu molto grave che ci si servì di quel vertice per delegittimare un premier. Ma il G7 fu molto altro, una straordinaria occasione di rilancio turistico, culturale della città, anche amministrativo. Nell’autunno del 1993, Bassolino, in vista della sua candidatura a sindaco di Napoli, scrisse una lettera aperta ai napoletani. Tra le tante considerazioni e promesse, per accattivarsi la opinione pubblica, in seguito al disfacimento dei partiti per via giudiziaria, scrisse: “Penso che ci sia poco da stare allegri di fronte alla condizione della città. Io non lo nascondo: quando cammino per strada sento crescere dentro una grande irritazione. Ogni principio di autorità è morto; non c’è regola che venga rispettata: tutti sembrano ormai aver perso fiducia e speranza nel futuro, e siamo come in un dopoguerra anzi peggio, perché più che macerie materiali dobbiamo rimuovere macerie morali”. E concluse: “Se mi votate, farò di Napoli la più bella città del mondo”. Che fosse e sia bella, si sa da tempo immemorabile, il problema è che molte cose da cambiare, non sono mai cambiate ma peggiorate. In trent’anni, dopo Bassolino, si sono succeduti tre sindaci dello stesso colore, di sinistra, pur se con tonalità diverse, spente o accese. Ma oggi a mancare è la “identità strategica” di una città, ciò che fa sistema”. La Città Metropolitana esiste solo sulla carta, non si contano i flop al centro storico e in periferia, ma, in cima a tutto resta lo scandaloso giallo Bagnoli, tra bonifici, fatti e bonifiche incompiute o mai fatte. Cui, il governo di centrodestra ha dato un’ulteriore opportunità con l’assegnazione di recente di un miliardo e 200 milioni per le decisive bonifiche.
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