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L'opinione
09 Luglio 2024 - 12:18
Una destra, una sinistra e ben tre centri…. I lettori li avevamo avvertiti: elettori volubili, voti volatili. E sono stati appunto i ballottaggi nel secondo turno a decidere le elezioni in Francia, dove hanno contato desistenze ed apparentamenti tra le forze rappresentative all’Assemblea nazionale. Rassémblement national a destra con Marine Le Pen e Jordan Bardella; France Insoumise a sinistra con Jean-Luc Mélenchon; e nello spazio centrale le varie forze liberali raggruppate sotto l’insegna di Ensamble ispirata dal presidente Emmanuel Macron, i Republicains gollisti di centrodestra che hanno disertato l’appello di Eric Ciotti a confluire nella destra, e il Partito socialista (leggi socialdemocratico) di Raphael Glucksmann che, a denti stretti, s’è associato in queste elezioni alla France Insoumise di Mélenchon sotto la resuscitata bandiera di un Fronte Popolare… ma Nuovo. Mélenchon si è affrettato a sottolineare che Macron ha il “potere e il dovere” di affidare l’incarico di formare il governo al Nouveau Front Populaire, perché la coalizione tra la sua sinistra radicale e i socialisti conta il maggior numero di eletti. Ma s’è trattato null’altro che di un avvertimento a Glucksmann perché dimentichi premesse e promesse fatte e ribadite prima del voto, cioè di aver accettato l’apparentamento con France Insoumise soltanto con l’obiettivo di formare un fronte comune contro “l’estrema destra”. Glucksmann aveva chiarito che già all’indomani del voto “i giochi cambiano ed entriamo in un altro mondo”. Sinistra radicale e socialisti hanno, infatti, programmi parecchio diversi su non pochi punti: accoglienza (più o meno aperta), economia (gravata da un debito pubblico ‘monstre’ di tremila miliardi di euro, che sconcerta i dirigenti del Fondo monetario internazionale e che uno vuole accrescere e l’altro no), tasse (da aumentare fortemente o con prudenza), politica estera (l’uno filo-palestinese e anti-Nato e pacifista in Ucraina, l’altro invece equilibrato sul conflitto israelo-palestinese, filo-Nato e favorevole al sostegno militare a Kiev). Non solo. Anche elettorati piuttosto differenti. Su Mélenchon, ad esempio, s’è riversata buona parte dei giovani, i più ambientalisti ma non solo quelli, pure i più estremisti, come settori dell’elettorato d’origine antica o recente non francese che si considera non “imborghesito” al punto da convergere verso socialisti o centristi. A destra non bastava certo l’ ‘oriundo’ Bardella ad attirarli. I risultati dei ballottaggi nei Territori d’Oltremare, dove lo spoglio è più sbrigativo, ha subito indicato la contro-svolta. Con qualche modesta eccezione il Nuovo Fronte popolare dove s’imponeva e dove si rafforzava nei ridotti e ultimi possedimenti imperiali: Guyane, Martinique, Guadeloupe, Iles du Nord con Saint Martin e Saint Barthélémy… S’aggiungevano le schede estratte dalle urne nelle aree metropolitane più vaste. Rivelatrici le macchie di vario colore sulla mappa elettorale dell’Esagono. In alcune zone industriali la destra invece teneva grazie al voto operaio bianco e degli immigrati di più vecchia data, i quali temono un’accoglienza senza freni che comprima i salari, quando non anche i posti di lavoro, e gonfi la criminalità comune e non solo. Ora si tratta di vedere come verrà assicurata la stabilità. Il premier Gabriel Attal, un’ora dopo la fine dello spoglio e ad appena sei mesi dall’incarico, ha rassegnato le dimissioni, consegnate ieri mattina al presidente che, tuttavia, le ha messe in frigorifero per il tempo necessario a trovare la via di un governo di compromesso. Jordan Bardella ha puntato il dito contro “l’alleanza del disonore che getta il Paese nelle braccia dell'estrema sinistra”. Col sistema elettorale inglese oggi sarebbe premier. Ma la sfida è solo rinviata perché il Rassemblement avrà ulteriore tempo per convincere gli elettori. Servirà anche a migliorare il livello dei suoi rappresentanti locali. Ieri il partito si è aggregato al Gruppo dei Patrioti, fondato dal premier ungherese Viktor Orbàn nell’europarlamento di Strasburgo: Bardella ne sarà il vicepresidente e troverà anche la Lega di Matteo Salvini. La partita, insomma, continua. Sul piano esterno il voto conferma il vento indipendentista che spira in alcuni Territori d’Oltremare, brutto segno dopo la perdita della Francafrique. Sul piano interno l’interrogativo è se Macron – con la mente già alle consultazioni presidenziali del 2027- riuscirà o meno a convincere gollisti e socialisti alla convivenza con i suoi centristi. Resta quindi sospesa la sua scommessa di imitare al meglio Francois Mitterrand: “Stringere in un abbraccio soffocante l’estrema sinistra”, raccoglierla dietro di sé al momento del voto e poi buttarla in un angolo. Ai suoi tempi il Partito comunista, oggi la France Insoumise
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