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L'intervento
18 Luglio 2024 - 09:01
È con un po’ di noia che dedico queste righe all’immancabile articolo dell’ineffabile Tomaso Montanari, apparso qualche giorno fa su “Il Fatto Quotidiano”. Con il solito saccente sarcasmo di chi mena vanto d’essere profondo conoscitore di “fascisteria” et similia, il rettore dell’Università per stranieri di Siena sciorina la consueta litania che prende le mosse dalla cosiddetta”inchiesta” di Fanpage che tanto sta piacendo alla sinistra dalle cinquanta sfumature di rosso. Entrare nel merito del contenuto dello scritto equivarrebbe a dare rilevanza all’ennesimo sfibrante cocktail velenoso di banalità contro il partito di Giorgia Meloni che lasciano il tempo che trovano. Si sa, infatti, che, quando l’ideologia prende la mano ai suoi corifei, diventa esclusivamente furore, più laico che sacro, destinato a divorare se stesso. Sulla Destra, oggi rappresentata da Fratelli d’Italia, inviterei, dunque, Montanari a confrontarsi con un politologo di spessore, per parlare di cose serie in termini seri. Magari con il professor Marco Tarchi, che lui certamente conosce e la cui oggettività di analisi è riconosciuta a livello internazionale e magari sulla scorta dell’ultimo libro - Le tre età della Fiamma - scritto da quest’ultimo in collaborazione con quel giornalista e storico di prim’ordine che è Antonio Carioti, del Corriere della Sera. Perché la storia, la politica e il confronto delle idee, come Montanari certamente sa, sono cose serie che non possono essere ridotte alla confusionaria inchiestina di Fanpage, alle rituali ospitate nei salotti televisivi e ad articoli tanto bizzarri quanto sensazionalistici su qualche quotidiano compiacente. A proposito, forse prima di discettare, con avventato cipiglio, sulle canzoni della Compagnia dell’Anello, gruppo musicale che ha segnato un’epoca e che conserva ancora oggi freschezza e attualità di messaggio, sarebbe il caso che il professor Montanari si informasse meglio: non è cosa poi difficile, con tanti giornalisti “d’inchiesta” a disposizione. La canzone “Il domani appartiene a noi” alla quale si è richiamato Tommaso Foti, capogruppo di FdI, al termine di un suo discorso alla Camera, non rientra affatto nella fascisteria del tempo che fu, come surrettiziamente adombrato nell’articolo di Montanari. Tutt’altro. È solo l’adattamento della canzone “Tomorrow belong to me”, musicata da due autori americani di origine ebraica e ispirata a una canzone tradizionale, “Die Loreley”, cantata dai giovani studenti medi e universitari del movimento dei Wandervögel, nella Germania Guglielmina, decenni prima dell’avvento del nazismo, movimento che poi, nel 1933, con l’ascesa al potere di Hitler, fu messo fuori legge insieme agli scout e a tante altre organizzazioni giovanili. Una canzone che parla di libertà e di valori tradizionali che sono sempre esistiti e che tanto il comunismo quanto il capitalismo senza regole hanno sempre osteggiato. Certo che è stata la canzone preferita dei ragazzi del Fronte della Gioventù negli anni ’70 e dopo. E allora? Nessun movimento giovanile, in quegli anni, è stato più lontano da ogni forma di razzismo o di antisemitismo quanto quel Fronte. Prima di parlare bisogna conoscere le cose, caro Montanari. Le ciambelle, se si vogliono confezionare ad arte, hanno bisogno di ingredienti. La fuffa e la fantasia non bastano: fanno solo collezionare una brutta figura in più. E dai, sforziamoci di essere un tantino più seri, professore. Per favore
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