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L'opinione
18 Luglio 2024 - 09:03
I dati Svimez sulla crescita del Mezzogiorno non corrispondono a quelli della Banca d’Italia. Mentre, infatti, Bankitalia, nell’ultima Relazione annuale, rileva che dal 2019 la crescita del Pil meridionale è stata inferiore alla media nazionale, Svimez sostiene il contrario. Complessivamente, il pil del Sud si è incrementato del 3,7%, rispetto al 3,5% italiano. Questa differenza di stima, peraltro, pur se significativa, non cambia la sostanza del divario Nord-Sud. Il pil pro capite del Meridione si attesta a poco più del 55% di quello del resto della nazione. E, considerando un arco di tempo più ampio, vale a dire dalla crisi del biennio 2008-2009 ai nostri giorni, la situazione non consente difformità di interpretazioni. Fin dal 2022 il Nord ha superato i livelli precrisi, mentre il Sud ha ancora oltre sette punti di Pil da recuperare. Il gap, insomma, si è allargato, per lo più in uno scenario in cui l’Italia perdeva posizioni rispetto agli altri Stati europei. Un ulteriore elemento accresce i dubbi sulla recente accelerata del Mezzogiorno, il cui Pil, certificato dall’Istat, nel 2023 è aumentato dell’1,3%, a fronte di un’Italia fermatasi complessivamente allo 0,9%. L’anno scorso scadeva la deadline stabilita dall’Unione Europea per la spesa del ciclo di fondi strutturali 2014-2020. La corsa contro il tempo, quindi, per lo più connessa alla ultimazione di opere pubbliche, ha favorito il sorpasso del Centro-Nord da parte di un Sud, come al solito, costretto al rush finale per evitare di vedersi tagliati i fondi. Era accaduto lo stesso nel 2015, anno in cui si chiudevano i battenti per la spesa del ciclo 2007-2013. Anche in quell’anno il Pil del Sud crebbe più di quello del Centro-Nord. Nel 2023, a favorire il sorpasso, c’è stato il decollo della spesa per il Pnrr che, almeno sulla carta (il dato è da verificare), dovrebbe avere inciso più sul Mezzogiorno che sul Centro-Nord. La sfida da vincere per il Sud, quanto meno su un piano meramente numerico, parte da quest’anno e dipende dalla qualità degli investimenti posti in atto. O determinano un miglioramento strutturale delle condizioni di partenza, avvicinando il Mezzogiorno agli indicatori economici medi nazionali, o la partita sarà perduta. Il verdetto, naturalmente, non potrà emanarsi a fine ’24, ma si dovrà attendere il 2027, alla fine della scadenza fissata per il Pnrr. Allora si trarranno i primi bilanci definitivi. Per il bene dell’Italia tutta, le istituzioni preposte a ogni livello e la classe dirigente imprenditoriale e amministrativa faccia in modo che risultino positivi.
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