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l'analisi

Gogna e patibolo: per Toti forca e giustizia sovietica

Il caso Toti è la dimostrazione di quanto parte della magistratura sia un contropotere

Gogna e patibolo: per Toti forca e giustizia sovietica

Abbassare i toni. Così avevano detto. Di fronte a quella pallottola che per poco non ha ammazzato Donald Trump, anche la sinistra di casa nostra sembrava essersi spaventata sul serio. E così, nelle ore immediatamente successive all’attentato all’ex presidente Usa che punta a riconquistare a suon di voti la Casa Bianca, era stato tutto un profluvio di dichiarazioni concilianti, di inviti a frenare l’odio, a non trattare l’avversario come nemico antropologico e così via. Peccato che la recita sia durata appena qualche giorno.

Fino a ieri per la precisione, quando con una manifestazione indegna, la sinistra ha scelto la piazza per ghigliottinare politicamente il nemico Giovanni Toti. A chiedere le dimissioni del governatore della Liguria, detenuto da due mesi in casa sua «in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse», cioè perché si rifiuta di confessare reati che afferma di non aver commesso sono arrivati Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni in persona. Il campo largo dei manettari, il nuovo Ulivo dei giustizialisti che anche in questo, come per tutto il resto, somiglia al vecchio come una goccia d’acqua.

Il terreno della giustizia si conferma così ancora una volta quello su cui la regressione demagogica del Pd e del centrosinistra nel suo insieme ci condanna all’eterno ritorno dell’uguale. Che a Toti venga imposto di rimanere ai domiciliari «in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse» è qualcosa di gravissimo, che la dice lunga sul livello dello strapotere raggiunto dai sacerdoti della Repubblica giudiziaria.

Il caso Toti è oggi la più potente dimostrazione di quanto una parte della magistratura sia ormai un contropotere capace di travolgere interi Governi, regionali o nazionali che siano. Un contropotere il cui collateralismo storico con una parte politica ben definita è stato plasticamente confermato anche ieri. I talebani dell’uso politico della giustizia sono giunti al punto di organizzare una manifestazione di piazza per chiedere la testa di un governatore stravotato dai cittadini e che, Costituzione più bella del mondo alla mano, resta un presunto innocente.

Il governatore umiliato e politicamente lapidato in pubblica piazza, con la complicità dei massimi leader dell’opposizione, è una macchia indelebile che resterà nella storia della sinistra italiana. Siamo di fronte a un’enormità: la legge dice che il governatore dovrebbe rimanere agli arresti solo se esistono le condizioni di pericolo di fuga, reiterazione del reato o inquinamento delle prove. Toti si trova oggi in una condizione drammatica: la rivendicazione della sua innocenza diviene un ostacolo alla riconquista della libertà in attesa di sottoporsi al giudizio. Come potrebbe mostrare consapevolezza della gravità della sua condotta se la ritiene lecita, come si propone di dimostrare?

Il paradigma che rivela una possibilità di reiterazione del reato per mancata comprensione dello stesso, è una roba che riporta alla mente certe “confessioni” che andavano di moda nell’Urss di Stalin. Tutti i fatti contestati riguardano atti pubblici, avvenuti alla luce del sole e anzi pubblicizzati dallo stesso Toti. Se sono stati commessi dei reati dovrà essere un regolare processo ad accertarlo. Non si capisce cos’altro dovrebbe fare Toti per riconquistare un po’ di libertà. O meglio, si capisce benissimo: dovrebbe dimettersi. Cioè esattamente l’urlo arrivato ieri dalla piazza-gogna messa in piedi dalla sinistra.

Il presidente della Liguria sebbene si sia ancora nella fase delle indagini e non vi sia stato neanche un rinvio a giudizio dovrebbe, siccome «non ha capito le accuse», abbandonare subito quella poltrona che è diventata, come lui stesso ha scritto in una drammatica lettera, «più un peso che un onore». Ma così si devia il corso democratico delle nostre istituzioni. Queste sono scene oscene. Indegne di uno Stato di diritto. Il cui unico dovere è quello di reagire. Subito.

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