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L'opinione
23 Luglio 2024 - 14:06
Donald Trump subito dopo essere stato ferito
Gli Stati Uniti sono, ormai, una palestra di emozioni. Dopo il drammatico attentato a Trump, ecco l’addio di Biden. Colpi di scena a ripetizione, sembra quasi una fiction. Peccato che siamo davanti alla più grande potenza mondiale, quella che può decidere i destini personali di miliardi di persone. In un momento storico delicatissimo quale quello solcato da pericolosi conflitti, tanto in Ucraina quanto in Israele.
Sinceramente, la sostituzione di Biden, a pochi mesi dal voto finale, non mi sembra una grande idea. Certo, il presidente aveva seri problemi, era in oggettive difficoltà a reggere il ruolo, le sue ultime uscite erano state imbarazzanti ma era, comunque, l’ uomo che aveva rilanciato concretamente la politica economica degli Usa negli ultimi anni, colui che aveva difeso concretamente il prestigio internazionale del Paese.
Il colpo di scena avrebbe avuto un senso se avesse aperto la strada ad una candidatura di assoluto prestigio, Michelle Obama o, al limite, uno degli eredi dei Kennedy. Così, all’ultimo minuto, con un Trump abbondantemente in vantaggio, Kamala Harris appare oggettivamente solo un agnello sacrificale. E poco contano i 47 milioni di dollari raccolti in 24 ore, il sostegno di Biden, l’ appoggio dei Clinton e dei 500 delegati della Convention. Purtroppo, la Harris si è già giocata, da tempo, tutta la su credibilità sul tema dei migranti, uno dei più clamorosi fallimenti di questi anni Biden. Oltre ai pessimi risultati raggiunti comegovernatrice della California.
E la sua inconsistenza la confermano gli imbarazzati silenzi di Barack Obama e di migliaia di delegati disponibili a contarsi nella prossima Convention democratica. C’è poca gente disposta a candidarsi in un contesto di questo tipo. Si profila, infatti, lo spettro di una sconfitta annunciata, nonostante la Harris possa recuperare qualche voto tra gli afro – asiatici, nonostante un discreto profilo internazionale, nonostante la novità di una donna, per la prima volta, in corsa per la Casa Bianca. Per costruire un nuovo candidato bisognava partire due anni fa, adesso è troppo tardi per tutti. Trump approfitta, ora, per chiedere a Biden dimissioni immediate.
Se non può affrontare una campagna elettorale, figuriamoci se può guidare ancora un Paese. Valutazioni strumentali, certo, ma il peso specifico di un Presidente destinato ad andar via tra pochi mesi di fronte a soggetti come Putin, Xi Jinpinge Netanyau è praticamente vicino allo zero. È forse la campagna elettorale statunitense più difficile e drammatica del dopoguerra, sicuramente la più imprevedibile, segnata da una faglia politica che ha, ormai, diviso il Paese delle stelle a strisce.
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