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L'opinione
11 Agosto 2024 - 11:15
V rata Pnrr, come trasformare un successo in un conflitto
L’erogazione della V rata del Pnrr è l’ennesima risposta concreta al paventato indebolimento dell’Italia nell’UE. I meccanismi di partecipazione all’Unione Europea sono più lineari di quanto si voglia far credere. A Bruxelles valgono regole di efficienza.
Le richieste di pagamento presentate sono state 61; di queste 47 sono state approvate, le restanti 14 sono in valutazione. Evidentemente il nostro paese aveva le carte in regola. A fine 2023 l’Italia ha chiuso 22 discariche illegali (su 34, più del 60%), ha migliorato la raccolta differenziata dei rifiuti riducendo del 9% il divario tra la media nazionale e la regione con i risultati peggiori, ha completato 200 chilometri di ciclovie in aree metropolitane, ha realizzato altri 231 chilometri di infrastrutture per il trasporto pubblico, altre 6.678 pubbliche amministrazioni hanno adottato sistemi di pagamento digitale PagoPA (+71% dal 2021) e hanno aggiunto il servizio con la AppIo 10.675 pubbliche amministrazioni (+251% del 2021).
Questi sono solo alcuni dei risultati raggiunti. Con la doppia revisione del piano voluta da Fitto indubbiamente si è data una velocizzazione alle opere. Aver spostato alcuni interventi su altre pianificazioni o aver “commissariato” alcuni attuatori, per lo più tra gli enti locali, si sta rivelando una mossa positiva.
Il PNRR non paga prima, ma dopo. Quindi c’è poco da speculare. Non bisogna dimenticare che l’Unione è esposta sui mercati avendo assunto prestiti, a tassi più vantaggiosi, per un totale di 800 miliardi di euro. Ne consegue che, prima di pagare le rate agli Stati, la struttura di monitoraggio europea operi un puntuale controllo della effettività degli obiettivi che gli Stati dichiarano di aver raggiunto. La certezza dello stato di avanzamento di ogni singolo piano è garanzia di rientro del debito nazionale verso l’UE. Quindi polemizzare sulle percentuali di spesa è pretestuoso.
Così come è insano protestare perché l’Italia ha raggiunto un traguardo solo per il gusto di essere contro. Nelle reazioni alla buona notizia non c’è traccia di alcun sentimento paese. Sicuramente minare la credibilità nazionale, dubitando la veridicità dei dati offerti dal governo non rende un servizio all’Italia di oggi e di domani. È in queste occasioni che si sente di più la mancanza della politica che costruisce, confrontandosi sulla visione di paese che ciascuno ha.
Il Parlamento, proprio sul PNRR, avrebbe l’occasione per riscattare la propria dignità gestendo democraticamente le importanti riforme consustanziali al Piano di ripresa. Sulla Riforma della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, della Semplificazione della legislazione, necessarie alla buona riuscita dell’intero piano, è il legislatore a dover dire la sua. Si sa come funziona la democrazia parlamentare. Se non temi di perdere il “posto”, la tua voce conta e prevale.
A meno di 2 anni dalla chiusura dell’esperienza del primo piano di risanamento europeo, fondato sull’indebitamento di Stati e UE, le forze politiche dovrebbero avere la maturità per ritrovarsi su una proposta che renda strutturale il modello Pnrr. Anche perché davanti a noi c’è il “quasi” nuovo patto di stabilità, votato a Bruxelles anche dalla opposizione italiana. Affrontare un ritorno alla rigidità dei conti è necessario, ma è un processo che va governato collegialmente. L’Italia si indebolisce per la conflittualità interna e la mancanza di visione, non certo perché Giorgia Meloni ha scelto di non condividere il programma Von der Leyen per i prossimi 5 anni.
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