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lettera al direttore
22 Agosto 2024 - 10:00
Gentile Direttore, lo chiamano il fenomeno Neet (acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training, vale a dire “ non attivo in istruzione, in lavoro o in formazione”) quello legato alle persone che non studiano, non lavorano, non hanno alcuna formazione. In pratica, sono le cosiddette “persone inattive”. La Fondazione “Openpolis”, che ha condotto una ricerca accurata su questo fenomeno restringedola alla fascia di età compresa tra i 15 e 29 anni, ci offre un quadro impietoso per la nostra regione, tra le ultime in Italia, con uno striminzito 39% di giovani diplomati che proseguono gli studi nelle 7 università campane.
Il dato, poi, è ancora più sconfortante, perché tiene conto dei giovani che si diplomano, sul cui numero si calcola la percentuale dei neoUniversitari. Non si prende in considerazione l’altra percentuale dei giovani che non frequentano nemmeno il secondo ciclo della scuola dell’obbligo, non conseguendo il titolo della scuola media superiore. Anche in questo caso, la Campania, Napoli in particolare, “primeggia”, lasciando l’amaro in bocca quando ci si sente appellati da altri in modo impietoso (negli stadi calcistici del Nord è un florilegio di espressioni offensive che alludono anche allo stato culturale).
La carenza di cultura generale nei giovani una volta veniva compensata da mestieri, che esaltavano l’intelligenza e la creatività del nostro popolo. Mi riferisco soprattutto all’artigianato, dove l’eccellenza era di casa, ed ancora esiste, grazie allo sforzo di molti artigiani non più giovani, che ancora lavorano mostrando al mondo intero la maestria dei nostri padri; valga per tutti, ad esempio, l’arte presepiale tanto ammirata e cercata nel mondo.
Il tragico quadro che ci offre lo studio di Openpolis deve indurci anche ad un’altra amara considerazione: non è vero che al Sud in genere, a Napoli in primis, non si trova lavoro; il lavoro c’è se si hanno almeno i requisiti minimi di formazione e studio; anche nel lavoro artigianale, dove la cultura generica è meno richiesta, rispetto alla capacità e pazienza di creare una forma o incidere una targa, ed altre innumerevoli attività che l’artigianato offre, si scontra con un’apatia non solo verso gli studi, ma verso il lavoro in genere.
Il “famoso” Reddito di Cittadinanza, nato per dare la possibilità ai giovani e meno giovani di avere un sostentamento in attesa di trovare lavoro, si era trasformato in un “sussidio permanente”, diseducativo, a parer mio, per incentivare i giovani a trovare lavoro. Cosa fare, allora? Sono ormai lustri e lustri che dalle nostre parti il fenomeno della dispersione scolastica (madre di tutti i problemi esistenziali dei giovani) è denunciato dai mass-media, professori, associazioni. Le istituzioni, specie i Comuni, hanno cercato e cercano di porre rimedio a questo flagello, ma quando manca la collaborazione familiare ogni iniziativa è destinata a fallire.
A Napoli, e non è mistero, esistono quartieri dove lo Stato è considerato ancora come “nemico”, perché impone delle regole, mentre la malavita, che offre ai giovani guadagni “facili” è accolta come una dea protettrice, che provvede ai bisogni primari. Molto è stato fatto nel tempo, ma non bisogna aspettare che crolli una “Vela” di Scampia per intervenire, come succede spesso anche con le catastrofi naturali in cui ci si accorge che quel costone, quella strada, quella sponda del fiume andavano messe in protezione prima della tragedia.
La collocazione di facoltà universitarie in zone difficili come Scampia o San Giovanni sono certamente un “incentivo” per gli stessi giovani che hanno possibilità di accedere a studi universitari. Questa sinergia tra scuola e territorio, però va alimentata coinvolgendo anche le famiglie nel più ampio discorso del valore e riscatto sociale che solo lo studio può offrire. Capisco anche che l’humus culturale molte volte si accompagna allo status economico di intere famiglie indigenti. Certamente, quando si parla di scuola, specie quella universitaria, non si può prescindere dal lato economico.
Un figlio al Liceo, poi all’Università costa tantissimo: il bellissimo libro, poi “tradotto” in serie televisiva di Susanna Tamaro, “ l’Amica geniale”, in cui Lila, l’amica geniale di Lenù, non può proseguire gli studi per mancanza di risorse economiche della famiglia, è emblematico. Sento da più parti voci che alcune Regioni a conduzione di sinistra vorrebbero reintrodurre il Reddito di Cittadinanza. Perché, allora, non sostituire questo assurdo “sussidio di Stato” con un contributo permanente verso famiglie che hanno figli a scuola o all’Università, e sono in una reale condizione di indigenza? Non avremmo più classifiche impietose sul lato culturale e, soprattutto, leveremmo tanta manodopera alla delinquenza organizzata.
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