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La riflessione

La bellezza del Cilento e la promozione dei borghi

Oggi tante aree meridionali stanno vivendo uno sviluppo autopropulsivo di solida produttività

La bellezza del Cilento e la promozione dei borghi

Al di là delle esaltanti cronache estive, di cui abbondano settimanali e riviste specializzate ma anche pagine speciali di quotidiani sui luoghi vacanzieri del Sud, finalmente si può dire che diventano, sempre più sfocate, quelle immagini di logore oleografie cucitegli addosso da generazioni. Oggi tante aree meridionali stanno vivendo uno sviluppo autopropulsivo di solida produttività.

Tante realtà nostrane si sono affrancate da un arretramento culturale e comportamentale rispetto al passato, che impedivano e scoraggiavano molte iniziative per sfiducia. Una volta, per spiegare lo sviluppo disomogeneo tra aree più o meno dotate, si fece ricorso alla metafora di un fenomeno definito a macchia di leopardo. Ora molte realtà stanno mutando da dover a riguardo archiviare vecchi modelli valutativi per come venivano rappresentate le cose e non invece per ciò che realmente rappresentavano.

Prendiamo, ad esempio, il Cilento che, oltre a segnalarsi per l’eccessivo afflusso turistico estivo, comincia a registrare una particolare ed interessante corsa, seppur ancora graduale a soggiorni nei borghi. Una tendenza positiva e in aumento, che va incentivata per evitareingorghi e affollamenti nella fascia costiera, crisi dei servizi e invogliare quel ripopolamento di comunità da tempo desertificate. La conformazione del Cilento è ideale per questo tipo di riequilibrio che spetta alle Istituzioni locali e regionali seguire e assecondare con strategie di profilo duraturo e non effimero come è avvenuto in alcune parti del nostro Paese, dove sono servite soltanto a creare consensi temporanei.

Questi borghi ricchi di boschi, di querce, di cerri e di lecci costituiscono e caratterizzano un territorio che si racconta da solo attraverso un intreccio di vicoli, tra edifici medievali e casette semplici dove si coglie ancora la mano di esperti fabbricatori e si possono apprezzare i sacrifici e le fatiche del passato. Tale realtà è già molto percepibile quasi come una fase spontanea di crescita e di scelte di vita nella valle dell’Alento, fiume da cui ha preso nome il Cilento, dove sorgono tra valle, costa e monti una miriade di paesi di testimonianze di antiche civiltà e si erge il promontorio di Velia. La rocca dove, a dirla con Francesco De Sanctis, fu “concepito l’ardito tentativo di costruire un sistema dell’universo su principi metafisici, sistema che pur dando origine al panteismo, fu la via per cui si poté giungere ad un degno e giusto concetto della divinità”.

Quando, per la prima volta nel mondo greco, fu costruita la dottrina dell’essere, uno, infinito, assoluto, immutabile, eterno. Qui può realizzarsi il ritorno al paese, ai paesi, dopo vane profusioni di parole spese sulla illusoria efficienza dei villaggi globali, destinato a caratterizzare una biblica marcia a ritroso per sfuggire alla invivibilità di conurbazioni selvagge e di conseguenti alienazioni. Che fecero dire a Gesualdo Bufalini, già molti anni prima delle odierne criticità come sfuggire da un mondo intossicato dove stava “crescendo una flora di veleni senza rimedio nutrita di orride chimiche e con città trasudanti tutto intorno fuliggini spurie e da strepiti e ruggiti rumorosi da finimondo”.

Questa grande bellezza nel 1959 fu colta in un reportage di Pierpaolo Pasolini dal titolo “La lunga strada di spiaggia” nel quale parlando del Sud in genere, disse che la sua bellezza lavorava per la gente dei luoghi. Questa immagine destò più di qualche critica anzi fu ritenuta un’offesa come una sottile accusa di neghittosità alla gente dei luoghi che non sapeva industriarsi. Oggi il Cilento dimostra che, con il suo attivismo e con nuove idee, può lavorare per la conservazione di quella grande bellezza.

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