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I 5 Stelle e la paura dei titoli di coda

In gioco c’è anche la cassaforte del partito e, quindi, il rischio di un’ulteriore scissione

I 5 Stelle e la paura dei titoli di coda

Forse, ci siamo. Forse, siamo ai titoli di coda. I 5 Stelle, quelli che dovevano cambiare il mondo della politica, che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, che avevano sconfitto la povertà, corrono il rischio di sfogliare, tra le carte bollate, le loro ultime pagine. Improvvisamente, Conte non ha più certezze da offrire. La Costituente grillina è dietro l’ angolo. Lui ha promesso a parlamentari vecchi e nuovi che la regola dei due mandati salterà puntualmente e che il partito è ormai saldamente nelle sue mani. Forse, un atto di presunzione.

Nel 2021, infatti, la Corte d’Appello di Genova ha sanzionato che nome e simbolo del partito sono nella piena disponibilità di Beppe Grillo che ha dettato regole chiare: nessuna deroga ai due mandati ed ogni scelta concordata con il padre fondatore. Se non è così, potrebbe tranquillamente riprendersi il logo, il nome, il partito e larga parte del modesto consenso che, ormai, lo accompagna. Sì, certo, in questi giorni, tutti fingono assoluta tranquillità, si negano problemi, l’intesa sicuramente si troverà ma, nel frattempo, aumenta l’ala degli scissionisti e lo stesso Grillo non sembra aver più voglia di una semplice protesta coreografica.

Anche lui ha fatto i suoi errori. Si è mosso in assoluto ritardo, ha accettato, senza troppa dignità, i 300mila euro di consulenza annuale per la comunicazione offertigli, da anni, dal partito. Ma Conte ha sicuramente sottovalutato i segnali di insofferenza di questi mesi del padre fondatore, gli appellativi tutt’ altro che affettuosi che ha voluto donargli. Dal Mago di Oz a Re degli imbonitori, fino allo sconcertante “Campione della capriola“ che sembra fotografare meglio di ogni altro la stima nutrita nei suoi riguardi e nelle mille peripezie, da destra e da sinistra, costruite in questi anni.

Ma in gioco c’è anche la cassaforte del partito e, quindi, il rischio di un’ulteriore scissione. Dopo Davide Casaleggio nel 2021, dopo Luigi Di Maio e i 62 che lo seguirono l’ anno seguente nell’addio al partito, ora, forse, è il tempo di Beppe Grillo. Mentre le intese per le prossime Regionali sono alle porte e qualcuno inizia a chiedersi quanto si dovrà restringere il canonico campo largo.

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