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Il tempo passa senza che ce ne accorgiamo

Ogni volta che ho visto tramontare il sole sull’orizzonte ho pensato alla bellezza della natura e del creato

Il tempo passa senza che ce ne accorgiamo

Questo è uno dei tanti detti che fanno riflettere sul tempo che vola senza che l’uomo se ne renda conto. Richiama alla mente le parole del Foscolo…e intanto fugge questo reo tempo e van con lui le torme delle cure, onde meco egli si strugge. E con le parole ritornano alla mente i ricordi di un tempo: ricordi vividi che sono tantissimi e ricordi sbiaditi che si rincorrono e che sono tanti, troppi,un’infinità. Il mio occhio è stato sempre affascinato dalla grandezza meravigliosa della natura e ho sempre ritenuto che il mare, le montagne, i deserti fossero un po’ il riflesso di quel Paradiso Perduto dov’era facile colloquiare con Dio.

E in questo mondo di bellezze così vasto e così ricco di aspetti infiniti e mutevoli che mettono in luce tutto il mistero della vita, ho spesso avuto modo di meditare, tante volte con un pizzico di pessimismo, sull’ assoluta indifferenza della natura, così maestosa e così eterna, nei confronti della sorte dell’Uomo, nei confronti del nostro destino. E così, mentre oggi ci si indigna per tutto e per tutti, si cerca di riscrivere addirittura la Storia e un linguaggio standardizzato e uniforme pretende di assurgere a neolingua in grado di dettare comportamenti, imporre stili di vita, regole, tanti diritti e pochi doveri, io, in verità, mi sento abbastanza sereno.

Infatti, cercando sempre di vivere e pensare fuori dal coro, ho trovato normale, per me, dire semplicemente grazie per una bella aurora, per le stelle che ho avuto l’opportunità di vedere, per il canto di un uccello o per un amore che nasceva e, dicendo grazie, ho elevato il mio piccolo inno alla vita, il mio personale inno di libertà che mi ha consentito di superare tante difficoltà e mi è stato d’aiuto in tante battaglie, anche moltomolto difficili. E tutto questo mi è servito pure a comprendere meglio perché le civiltà indiane d’America che abitarono le sconfinate praterie preferirono scomparire piuttosto che vivere altrove e perché i Mongoli, in quelle steppe asiatiche che mi hanno sempreaffascinato, amavano definirsi figli del vento.

Credo che pochi momenti siano belli e facciano bene all’anima come quelli che può regalare la visione di un tramonto, quando il giorno cede alla notte e chiunque voglia contemplare il paesaggio non può non sentirsi stringere il cuore, come accade in quei momenti in cui si avverte un’emozione improvvisa che ti lascia attonito e senza parole. Ogni volta che ho visto tramontare il sole sull’orizzonte ho pensato alla bellezza della natura e del creato, ma anche allanostra vita e a quanto sia misteriosamente delicata, come la corolla di un fiore destinata prima o poi ad appassire.

Quante ne ho viste di queste corolleprima splendenti e poiappassite… tante… troppe. Forse sono stato e sono un eterno ammalato di “saudade”, quella parola speciale con la quale i portoghesi sintetizzano la loro malinconica natura fatta di quella nostalgia che un po’ rende tristi e un po’ lascia vivere di speranze. E così le ombre in fuga del rapido volo degli uccelli che si spostano tra le foglie mi richiamano alla mente panorami selvaggi, quelli che ho visto e quelli mai visti, ma sempre sognati e desiderati.

Ricordi di luoghi effettivamente contemplati e memorie di epoche non vissute, ma apprese e desiderate. Ricordi di giorni trascorsi nell’innocenza della fanciullezza e in quellagiovinezza in parte spensierata ma mai felice, quando ho imparato a essere sempre piùconsapevole sia del vero dolore che della vera gioia. Paesaggi dell’anima, mentre ancora si consumano i giorni. Traditur dies die, come scrive Orazio.

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