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05 Settembre 2024 - 09:28
La casa in cui è stata compiuta la strage a Paderno Dugnano
Gentile Direttore, nel leggere le notizie di questi giorni non si può fare a meno dal soffermarsi sui gravi episodi di efferati omicidi commessi da giovani nell’ambito della stessa famiglia che li alleva e spesso li coccola. “Ho sterminato la mia famiglia perché volevo vivere libero”, ha detto al magistrato ed agli inquirenti il 17enne che a Paderno Dugnano, in provincia di Milano, ha sterminato l’intera famiglia, composta dal padre, la madre e il fratellino di 12 anni. Aberrante l’affermazione del movente delittuoso, come aberrante sembra l’atteggiamento del ragazzo, che agli stessi inquirenti è apparso lucido, poco emozionato, con mente sotto cinico controllo, tanto che ha affermato pure che non ha mai pensato di togliersi, egli stesso, la vita. Questo incredibile patricidio, matricidio, fratricidio ci lascia inorriditi; siamo “ abituati” agli atti criminali in famiglia per motivi di gelosia tra coniugi o partners, tra fidanzati, tutti mossi dal motivo passionale. Il femminicidio di cui tanto si occupano le cronache viene “motivato” dalla psichiatria forense dal desiderio di “possesso” esclusivo che l’uomo atavicamente si trascina da millenni sulla donna. Assistiamo, quasi impotenti, all’aumentare della criminalità minorile, ai ragazzi che escono di sera con più coltelli in tasca, se non armi da fuoco, per bivaccare con altri simili nelle ore notturne, ubriacandocisi ed anche drogandosi. Assistiamo ancora ad episodi assurdi in cui si misura il proprio “coraggio” mettendosi sui binari dei treni in transito, abbandonandoli un attimo prima del transito del convoglio, molte volte, ahimè, sbagliando i tempi del salto dai binari stessi. Ancora, le prove di “abilità” con le corse notturne di bolidi lanciati a tutta velocità, o il lanciarsi da dirupi pensando di “ammarare” in mare, piuttosto che su uno scoglio. E tanto altro ancora tra i nostri giovani, che testimoniano di un malessere generale, che si scopre solo quando accade la tragedia, pensando, invece, che tutto sia tranquillo in una famiglia, dove il disagio viene valutato solo da condizioni economiche, sbagliando clamorosamente il paradigma: povertà=delinquenza. In realtà, a ben vedere i delitti più efferati si consumano in famiglie “benestanti”, dove la noia e l’indifferenza la fanno da padrone. Probabilmente, il figlio di famiglie senza problemi economici è quello che si pone più problemi esistenziali, non avendo l’impellenza di prevedere e provvedere al proprio sostentamento. Non a caso, infatti, da ricerche effettuate in tutto il mondo sembra che i giovani che più emergono siano quelli appartenenti a famiglie meno agiate, avendo motivazioni più forti e profonde nel migliorare lo status di sé e della propria famiglia. Tornando a questo aberrante omicidio familiare, mi vengono a mente le cronache di anni addietro, che fanno il paio con quanto accaduto oggi. Parlo dell’ormai famoso delitto di Novi Ligure del 2001 e del più recente delitto di Fano, dove il filo conduttore e comune degli episodi criminali è sempre la famiglia. A Novi Ligure due fidanzatini appena sedicenni ammazzarono la madre di lei e il fratellino di undici anni. A Fano un operaio 50enne ha ucciso i due genitori nel giugno di quest’anno perché la mamma si rifiutava di dargli altri soldi, probabilmente per acquistare droga. Ma l’omicidio in famiglia che più mi ha colpito, sino ad oggi, è stato quello di Peter Neumair e Laura Perselli a Bolzano, avvenuto nel 2021, che fu un caso di parricidio-matricidio. L’autore del delitto fu il figlio 31enne delle vittime che in un primo momento trovò la lucidità di inventarsi un movente in cui disse agli inquirenti che aveva ucciso il padre perché questi aveva ucciso la madre. Su quella vicenda che “appassionò” l’opinione pubblica e i mass-media oltre il dovuto, sono stati scritti libri e fatte trasmissioni su trasmissioni. Mi hanno colpito, in particolare, non solo l’efferato delitto e la lucida motivazione, che apparve in un primo momento plausibile, dell’unico autore dei delitti, ma il particolare “strepitus” dato alla vicenda, tanto che fu creato un gruppo fandom dedicato all’autore del crimine, Benno Neumair. In termine tecnico questo fenomeno di “idealizzazione” di un criminale si chiama “ibristofilia”, cioè l’attrazione dei criminali, che nel caso di specie portò uno dei membri dell’associazione a tatuarsi sul braccio il volto di Brenno Neumair. Non mi azzardo a fare proposte per arginare questi fenomeni di estrema efferatezza, fuori da ogni logica umana ed animale in genere, dato che gli animali ammazzano solo per fame o per difesa. Pavento solo che di questo passo il mondo si annienterà da solo, senza alcun “ausilio” di bombe atomiche o all’idrogeno, ma per esteso “cannibalismo” in forza del saggio “homo homini lupus”.
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