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L'opinione
11 Settembre 2024 - 09:21
Veduta dall'alto del porto
A Napoli abbiamo la fortuna di vivere in una città di mare, con un’anima pulsante rappresentata dal suo porto, fondato praticamente insieme al nucleo originario dell’antica Neapolis. Duemilacinquecento anni di storia che testimoniano il legame indissolubile tra il capoluogo e lo scalo marittimo, oggi tra le principali infrastrutture del Mediterraneo.
Una realtà rispetto alla quale bisogna, però, interrogarsi profondamente per mettere in campo le misure necessarie al recupero della centralità perduta. Una realtà, soprattutto, che sia non soltanto volano per lo sviluppo economico del territorio, ma anche parte attiva e integrata nel tessuto cittadino partenopeo.
Per la verità, appare evidente che gli ultimi interventi programmati dal Governo nazionale sono finalmente orientati a riportare il porto di Napoli alla dimensione che merita e al ruolo strategico che gli compete. E questo non solo per la crescita della Campania e del Sud, ma di tutto il Paese.
L’attenzione - dimostrata con i fatti e gli impegni mantenuti dal vicepremier e titolare del Mit, Matteo Salvini, e dal viceministro Edoardo Rixi - si è già tradotta in un vero e proprio cambio di paradigma rispetto al recente passato, con un’accelerata fondamentale sul piano del potenziamento anche per quanto riguarda la rete dei collegamenti tra la costa e l’entroterra.
Mi riferisco, ad esempio, al cantiere del Pnrr, i cui lavori, una volta realizzati, collegheranno il porto di Napoli alla rete ferroviaria nazionale, con un terminal che permetterà alle merci dirette verso il Nord e l’Europa di partire direttamente dallo scalo, favorendo inoltre lo sviluppo integrato con gli interporti di Nola e di Marcianise.
Si scoglie così un nodo cruciale, in termini di movimentazione e di velocità del trasporto merci del Mezzogiorno, penalizzato da sempre anche dall’assenza, quasi totale, di collegamenti da cosiddetto “ultimo miglio”. Il rilancio del porto di Napoli, che fa da traino agli scali di Castellammare di Stabia e di Salerno, è certificato anche dal numero di passeggeri costantemente in crescita.
Nel 2023 sulle banchine degli scali marittimi che rientrano nell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centrale sono transitate 8,36 milioni di persone, di cui 1,73 milioni di crocieristi. La percentuale del +9,1% sul 2022 (addirittura +43,2% rispetto all’anno precedente, per quanto riguarda il numero dei crocieristi) se da un lato si deve alla crescita del flusso turistico, dall’altro è indicativo degli importanti investimenti economici che l’Esecutivo centrale, soprattutto attraverso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha dedicato all’intero territorio campano e in generale al Sud, in una visione globale di crescita del Paese.
Insomma, tutto il contrario dell’azione e della gestione di Vincenzo De Luca che, pure quando si tratta di porti, continua ad avere una visione esclusivamente "salernocentrica" del territorio: purtroppo, la crescita della “sua” provincia è stata realizzata esclusivamente a spese del resto della regione, senza apportare alcun vantaggio globale alla Campania nel suo complesso. Ma andiamo oltre, perché ormai la stagione deluchiana volge al termine.
Il vero obiettivo da centrare per Napoli e l’intera regione - e su questo noi stiamo già operando in termini di proposte e progettazione - è quello di mutare radicalmente funzione allo scalo. A mio avviso, il porto deve entrare a far parte della città, senza ridursi a mero punto di transito, concentrato nelle funzioni strumentali di approdo o partenza per turisti e passeggeri.
Per fare ciò bisogna puntare saldamente alla realizzazione di un percorso che lo integri con il molo San Vincenzo - la cui apertura è prevista per la prossima estate - e con lo stesso terminal del Beverello, in una dimensione di continuità funzionale alla valorizzazione di un luogo simbolo di Napoli sia dal punto di vista paesaggistico e culturale, sia sul piano dell’appartenenza, dell’identità, della vicinanza e del legame dei partenopei con il mare, una risorsa per il nostro popolo.
Ma anche come luogo di ricreazione, svago, commercio e accoglienza per turisti e cittadini, secondo il modello, vincente, di altre grandi realtà portuali, come quella, ad esempio, di Città del Capo in Sudafrica. E si deve agire anche con iniziative per il recupero dal degrado di strutture che anni di incuria e di abbandono hanno ridotto perfino a baraccopoli per i senzatetto.
È il caso dell’ex Mercato Ittico di Napoli che deve diventare un teatro sul mare, un polo culturale immerso nel Parco della Marinella. Altro discorso va fatto per i Magazzini Generali. Per il recupero di quell’edificio, il Governo ha stanziato sui fondi complementari del Pnrr, 20 milioni di euro, cui vanno sommati altri 25 per un parcheggio interrato da realizzare ai margini della struttura. Tra le proposte per ridare nuova vita al complesso c’è anche quella di ospitare nei suoi spazi un acquario modello Genova, con la prospettiva di una maggiore attrattiva sia per i turisti che per i cittadini.
Una strada da percorrere con decisione, anche perché il suo contraltare sarebbe quello di offrire una diversa vocazione allo storico acquario Dohrn in Villa Comunale, fondamentale anche per vincere il degrado da immobilismo dello straordinario ed elegante polmone verde al centro della città, voluto dai Borbone e oggi davvero malridotto.
È questo, dunque, il vento di cambiamento reale che vogliamo imprimere al nostro territorio: uno sforzo francamente impensabile fino a meno di due anni fa. L’inversione di rotta imposta dal Governo, su spinta fondamentale della Lega, è sensibile e si traduce nella politica dei fatti, nel Nostro Posto, al Sud, e in tutta Italia, anche nel campo delle infrastrutture.
E proprio rispetto agli scali marittimi, elementi portanti dell’economia della Penisola, il lavoro dell’Esecutivo centrale non si ferma qui. In questa dimensione ci auguriamo che già dal prossimo autunno l’Esecutivo riesca a trovare spazio per approvare la riforma delle Autorità portuali, già costruita nelle sue linee anche operative da Matteo Salvini, come ricordato in più occasioni dal viceministro Rixi.
È l’altro passo necessario per trasformare questi enti, strategici per la portualità e quindi per l’economia del Paese. Da strutture semplicemente amministrative, le Autorità portuali devono diventare soggetti attivi anche nella gestione dei flussi e dei traffici, in una sinergia di pubblico-privato nella quale la mano pubblica serve a dare l’indirizzo e garantire equilibrio e legalità nell’azione, e quella privata deve invece sviluppare le necessarie sinergie con il mercato, a partire da quello internazionale.
La sfida è stata accettata e il centrodestra si avvia a vincerla, lavorando in silenzio, con i fatti, contro i ‘no’ a prescindere, contro l’immobilismo della sinistra, badando alle uniche cose che davvero contano: il futuro e il benessere del Paese.
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