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14 Settembre 2024 - 10:22
Donald Trump e Kamala Harris
Missili a medio raggio per colpire gli aeroporti da cui decollano i bombardieri e le basi dalle quali partono convogli di militari, armi e rifornimenti. La Russia non può sentirsi inviolabile mentre combatte in Ucraina, dice Joe Biden. Ma la gittata di questi missili “made in Usa” li rende armi “offensive” e non solo “difensive”. E il patto tacito tra russi e occidentali è che la Nato non oltrepassi questa linea rossa se non vuole che Mosca utilizzi tutto il suo potenziale bellico, senza più limitarsi all’armamento cosiddetto “convenzionale” che nei decenni delle riforme e della transizione dall’Unione Sovietica alla Federazione russa è stato abbandonato nei depositi ad arruginire.
È stato questo, ieri, il monito di Vladimir Putin alla Casa Bianca dove è stato lasciato in letargo un presidente messo da parte per limiti d’età e di mente dopo aver vinto le primarie nella corsa alla presidenza. Possiamo sperare che al Cremlino prevalga la prudenza, nell’attesa del risultato delle urne americane. Non siamo più ai tempi di John Kennedy, Richard Nixon, Ronald Reagan, George Bush senior… I tempi nei quali il duello tv era tra i più bravi aspiranti presidenti e contava nelle urne. Da Clinton in poi una discesa irreversibile. Oggi è tra i meno-peggio, tra un troppo astioso e funambolico ex presidente e una ridanciana ex vicepresidente di cui non pochi tra i ‘maggiorenti’ del partito Democratico e tra gli stessi “neocon” che ne influenzano la politica estera -chiedevano a Biden che fosse sostituita.
E una volta tanto in America son tutti d’accordo: il confronto, di là dall’emozione immediata, non sposterà un voto o quasi. Gli elettori già convinti, lo restano. Quelli che nutrivano dubbi, li conservano. I media ed Hollywood, in maggioranza filo-Dem, innalzano sul podio Kemala. Ma chi va ai mega-spettacoli di Taylor Swift confonde spesso il partito dell’Asinello con un movimento animalista. Insomma gli indecisi non vedono il podio, né lei. Trump ha all’attivo alcuni successi indiscutibili: ha rilanciato l’economia abbattendo l’inflazione; ha cominciato a frenare l’immigrazione illegale; ha iniziato a ridimensionare una globalizzazione al servizio della Cina; ha respinto l’abbraccio dei “neocon” e non ha scatenato guerre, bensì ha raggiunto un inimmaginabile primato con gli Accordi di Abramo tra arabi e israeliani; ha ammonito gli alleati Nato a contare più su se stessi ma s’è tenuta buona Mosca invece di regalarla a Pechino, spalancando così la porta alla rivalità planetaria dei Brics; e senza danneggiare la Germania “motore”dell’Unione europea.
Nonostante ciò, è apparso imprevedibile a molti concittadini. Troppo egocentrico, eccessiva sicumera, insopportabile spavalderia fino a sfociare a volte nell’arroganza, poi il grave passo falso dinanzi all’assaltoshow al Campidoglio. Avversari emedia e qualche magistrato hanno avuto buon gioco ad aggiungere e sommare dubbi e magagne. Persino ad attutire in tre giorni la eco dell’attentato subìto. La Harris, invece, è il nulla. L’unica occasione di poter dimostrare di valere, sull’immigrazione dal Centramerica, l’ha sprecata malamente. In questi ultimi giorni i Dem sottolineavano la sua difesa della riforma sanitaria e del più ampio diritto all’aborto. Invece, sulla stampa pro-Elefantino e nei social si sprecavano gli elenchi di tutte le sue promesse disattese e gli slogan nascosti sotto il tappeto: meno polizia e più immigrati (che poi votano Dem, vedi California); passaggio accelerato dall’energia da fossili a quella green; sempre meno armi ai cittadini … Mentre ora: più polizia e meno immigrati, niente stop all’estrazione di petrolio, e per le armi neppure maggiori controlli sugli acquirenti e limiti agli acquisti perché i delinquenti se le procurano («Non toglieremo le armi a nessuno – precisa – La prova è che ne abbiamo sia io che Tim Walz», il candidato vice).
Viva la coerenza! Può darsi vinca la corsa alla Casa Bianca e nulla vieta che si riveli una brava Comandante in capo. È avvenuto nella storia più d’una volta. Ma le premesse e la corte dei ‘neocon’ alimentano riserve e sollevano interrogativi. La promessa di Kemala Harris di continuare a vendere nuove armi al regime di Kiev sottovaluta la possibilità di fuoco nucleare russo, “tattico” e poi chissà. Non solo. Contraddice anche l’impegno proclamato a un negoziato ravvicinato, presumibilmente sulla base del “piano Kissinger”, cioè di concedere alla Russia il territorio russofono che s’è ripreso in seguito al golpe contro il presidente Viktor Yanukovich a cavallo del 2014, alla repressione nel Donbass e alla temuta apertura dell’Alleanza Atlantica all’Ucraina. In cambio, porte aperte nell’Ue e garanzie di sicurezza da parte Nato. Restano, in America gli occhi chiusi sui misfatti del potere in Ucraina, speculare e in peggio a quello russo che ha almeno un impero da difendere dal caos di una disgregazione. E altrettanto in Europa. A Cernobbio si fossero levati almeno un paio di fischi, soltanto un paio, e forse qualcuno avrebbe potuto gridare “il re è nudo” quando Volodymyr Zelensky si fosse avvicinato ai microfoni. Il crepuscolo dei folli sarebbe apparso evidente a tutti.
Persino a quanti insistono, testardamente e strumentalmente, a negarlo. Il crepuscolo dei folli a Kiev, dove un regime poliziesco mette in fuga le opposizioni, fugge dalle elezioni democratiche, rifugge dal realismo e ormai si consuma in “staliniane purghe interne”. E nelle illusioni: come nel bunker di Berlino, si immaginano armi che rovescino il corso della guerra mentre mancano persino i combattenti. Occhi chiusisulla repressione delle opposizioni, dei dissidenti, della comunità religiosa ortodossa russofona. Occhi chiusis ulle proteste popolari che la censura non riesce più a mascherare, sulle fughe vieppiù numerose all’estero di renitenti alla leva obbligatoria. Centinaia e centinaia di migliaia le vittime, da cinque a sette milioni gli espatriati, immense le devastazioni di città e territori coltivati e foreste antiche. E giganteschi i debiti verso“soccorritori” e fornitori d’armamenti, che alimentano i calcoli dei sempiterni protagonisti della corruzione, i quali salivano dal piacere calcolando il business che verrà.
Ma i tempi cambiano e s’aprono nuove prospettive, dove meno e dove più rassicuranti. La destra che avanza in alcuni Stati appare patriottica più che nazionalista, parla di pace e sull’Ucraina converge su posizioni che sono pure comuni con la nuova sinistra. «No ad armi e soldati tedeschi in Ucraina, la pace è nell’interesse della Germania – ha affermato Alice Weidel, copresidente di Alternativa per la Germania (AfD) Non abbiamo bisogno di un conflitto. Mi vergogno che, dopo la seconda guerra mondiale, i carri armati tedeschi vengano ancora una volta usati contro la Russia. Una vergogna per il nostro Paese». Parole che riecheggiano quelle, favorevoli a un serio negoziato, pronunciate sempre a Berlino da Sahra Wagenknecht, leader della sinistra BSW. Ma anche a Bratislava dal premier socialista slovacco Robert Fico. E a Parigi da Marine Le Pen, a capo della destra che s’avvicina al gollismo, come dal pittoresco Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistraneosessantottesca e radicalsconclusionata.
Mentre a Belgrado Aleksandar Vulin, vicepremier della Serbia che aspira alla Comunità europea, ha replicato con dignità a Peter Stano, portavoce dell’UE, il quale aveva criticato la sua visita a Vladimir Putin, aggressore dell’Ucraina. «Non usi termini come aggressione, diritto internazionale o Carta delle Nazioni Unite – ha sottolineato Vulin Dopo il 1999 e l’aggressione della Nato alla Serbia, dopo il calpestamento della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il riconoscimento del cosiddetto Kossovo, non potete più parlare di morale o diritto internazionale. La vostra ipocrisia suscita solo sdegno e disgusto».
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