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18 Settembre 2024 - 12:00
Le ultime immagini, sempre più impietose, di una sanità campana allo sbando provengono dal reparto di Neurologia dell’ospedale San Paolo di Napoli. Il video dei due pazienti, tra cui un 92enne, legati al letto, restituisce uno spaccato preoccupante su quanto purtroppo accade in alcuni nosocomi della nostra regione. Saranno le indagini affidate alle forze dell’ordine a fare piena luce sull’esatta dinamica dei fatti, su cosa nei dettagli prevedono i protocolli interni di prevenzione e sulle responsabilità penali per quanto accaduto. Fatta questa premessa, bisogna però interrogarsi profondamente su una situazione di allarme che continua a confermarsi come regola e non eccezione. I casi di pazienti che non ricevono assistenza adeguata, o non abbastanza tutelati, non sono isolati.
Io stesso, di recente, ho segnalato direttamente al dg dell’ospedale Cardarelli, con una missiva corredata da una serie di foto, le gravi condizioni in cui versava una 74enne ricoverata nel reparto di Neurochirurgia del nosocomio collinare. Ma l’ho detto e lo ribadisco: se da quasi dieci anni, la sanità campana ancora riesce a restare in piedi è solo grazie alle eccellenze di medici e infermieri e in generale del personale sanitario, al lavoro straordinario svolto in condizioni spesso proibitive e portato a termine anche a costo di grandi sacrifici e turni massacranti. E allora come si è giunti a questo stato? Lo spunto per rispondere alla domanda potrebbe venire proprio dalla verifica interna avviata dall’Asl Na1, dopo la diffusione delle immagini del San Paolo, quando cioè l’ennesimo caso di presunta malasanità era scoppiato.
C’è da chiedersi come è mai possibile che nessuno tra coloro che hanno il compito di gestire l’attività del nosocomio e il dovere di monitorare su detta attività, perché si svolga con misure e modalità che non risultino mai “degradanti” per il degente fosse a conoscenza di quanto avvenisse nel reparto. E poi. Chi ha autorizzato quel tipo di trattamento? Era forse contemplato nei protocolli? E per quali casi specifici? Superficialità nel prevedere e prevenire episodi del genere, distrazione, pressapochismo nei controlli? A questo punto viene pure naturale domandarsi: si sono registrati altri casi come quello documentato dal video? Già spuntano altre drammatiche vicende, spesso raccontate dai parenti dei pazienti perché questi ultimi, anziani e deboli, sono morti….
Ad ogni modo queste vicende mi spingono nuovamente a interrogare la Giunta regionale il primo e massimo livello che deve provvedere alla garanzia del diritto alla salute pubblica sulle condizioni drammatiche in cui versa la sanità in Campania. Anche se, come stanno le cose, è già chiaro a tutti perché documentato dai fatti e dai numeri. L’episodio degli ammalati “assicurati” al letto è dunque solo l’istantanea che meglio certifica lo sfascio di un servizio fondamentale, che qui da noi da diritto, nel giro nemmeno di un decennio, si è trasformato in elemosina. Una deriva innescata da chi, come il presidente De Luca, continua a scaricare le responsabilità del fallimento sugli altri, continua a riempirsi la bocca con falsi primati, continua a difendere l’indifendibile. E lo fa raccontando tutto il contrario della verità.
La realtà, invece, è un’altra e si consuma tristemente sulla pelle dei cittadini. I numeri, reali e certificati, che meglio rendono la tragedia e inchiodano alle proprie responsabilità questa amministrazione regionale? Partiamo dal fiume (in piena) di denaro che ha a disposizione annualmente la Campania per la sanità. Parliamo di una cifra monstre: oltre 15 miliardi di euro, a cui va aggiunto più di un miliardo e mezzo affidato con lo specifico obiettivo di ridurre le liste d’attesa nel 2023, cosa che De Luca e i suoi non sono stati capace di fare, nonostante la dotazione economica più alta d’Italia. Bene, a fronte di questa cifra che complessivamente si attesta sui 17 miliardi di euro (sic!), il dossier Svimez 2024 certifica che la Campania è maglia nera nell’erogazione dei servizi, con appena 18 euro pro capite, rispetto ai 41 euro della media nazionale.
A proposito delle liste di attesa, poi, altro che i finti record sbandierati dal governatore nel corso delle dirette Facebook del venerdì. Sono le più lunghe d’Italia, con un numero costantemente in crescita di pazienti affetti da gravi patologie che si vedono costretti a pagare le visite in regime privato. Perché ormai a questa si è ridotta la sanità qui da noi: se non puoi aspettare tempi biblici, devi pagare di tasca tua. E se non puoi pagare? Non ti curi, con tutte le conseguenze (anche fatali) del caso! O vogliamo parlare dei tetti di spesa? In Campania, se tutto va bene, si esauriscono nei primi 10 giorni del mese. E i pronto soccorso? La gestione da parte della Regione rispetto ai drappelli per le emergenze continua a contraddistinguersi per scelte inspiegabili e per la totale mancanza di buon senso.
Negli ultimi anni ne sono stati chiusi più di 20. Per altre strutture, invece, è stato imposto l’orario ridotto, come è capitato al pronto soccorso del Sant’Alfonso Maria de’ Liguori di Sant’Agata de’ Goti. Tra i risultati diretti di questa condotta iniqua c’è pure l’ingolfamento degli altri presidi sanitari (pochi, troppo pochi) con l’aumento degli accessi a cui far fronte, cosa che a sua volta incide inevitabilmente, addirittura favorendolo, sull’infame fenomeno delle aggressioni al personale sanitario. Mentre in Regione sembrano aver dimenticato questo particolare, è ancora una volta il Governo nazionale a dover intervenire, mettendo in campo una serie di misure finalizzate a contrastare quella che è diventata una vera e propria emergenza, l’ennesima. Potrei continuare a lungo sullo stato comatoso della sanità campana, parlando ad esempio dei “viaggi della speranza” che ogni anno portano in media 65mila campani di cui oltre 3.300 pazienti oncologici ad affrontare estenuanti trasferte e sacrifici economici per farsi curare fuori regione.
Concludo con un altro dato, incontrovertibile, che riassume la catastrofe nella sua interezza: i campani sono ultimi in Italia per aspettativa e per qualità di vita. E non certo per colpa loro. La misura è ormai evidente da anni è colma, ma sappiamo bene che non possiamo fermarci alla sola denuncia, abbiamo bisogno di cambiare registro per il bene della collettività. Ecco perché, per porre rimedio ai danni provocati da questa amministrazione regionale, per risanare e rilanciare un servizio fondamentale, lavoriamo da tempo ad un piano di riorganizzazione della sanità nel Nostro Posto. Si tratta di un progetto nato su spinta della Lega e condiviso dall’intero centrodestra, che è orientato alla realizzazione di una rete assistenziale pubblico-privata sul modello di esperienze, anche nazionali, che hanno dato ottimi risultati e che hanno dimostrato, con i fatti, che è possibile creare uno strutturato circuito di medicina territoriale e di prossimità in grado di garantire servizi di base con tempestività e in sicurezza. Sappiamo pure che tra i primi passi da compiere per avviare la svolta c’è quello di abbattere la selva burocratica messa in piedi da chi governa la Campania da quasi dieci anni: il sistema di circoli chiusi di potere, rappresentato dalle nostre Asl, sempre più “repubbliche autonome” guidate dagli uomini scelti a Santa Lucia. Il cambio di rotta è ormai alle porte, procederemo senza sosta per ridare ai nostri cittadini una sanità degna di questo nome.
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