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L'opinione

Individualismo, scristianizzazione e sindrome di Stoccolma

La modernità non ama il trascendente

Individualismo, scristianizzazione e sindrome di Stoccolma

Georges Bernanos

Il grande scrittore cattolico Georges Bernanos asseriva che della civiltà moderna non si capisce assolutamente niente se non si ammette, innanzi tutto, che essa è una cospirazione universale contro qualunque specie di vita interiore.

In queste parole c’è già parte della risposta al quesito sul perché oggi, per esempio, le chiese si stanno svuotando e le vocazioni si stanno rarefacendo. La modernità non ama il trascendente, perché si è purtroppo inchinata di fronte all’ascesa e alla vittoria, in tutti i campi, di un individualismo che è il frutto di un pensiero che ha subito un continuo progressivo degrado e che viene da molto molto lontano: un pensiero che, incentrato intorno alla vita e alle scelte del singolo, scoraggia, anzi avversa ogni progetto comunitario.

Il liberismo economico, sociale e culturale oggi dominante ha reso l’uomo una monade, un essere isolato, dotato di piena legittimità a perseguire principalmente il suo interesse e, quindi, a essere egoista. E sotto la cappa apparentemente neutra, indolore e politicamente corretta di questa ideologia, la nostra epoca ha finito con il favorire sempre di più il relativismo, l’edonismo e il materialismo spicciolo.

Le persone si sono abituate all’idea che non ci sarebbe niente al di là di se stesse, che la morte è la fine di tutto e quindi deve essere esorcizzata e basta, che non vale proprio la pena di sacrificarsi per alcunché: né per un’ideale, né per una convinzione, né per una fede. È chiaro che tutto ciò che si richiama alla spiritualità, alla vita interiore e a principi di ordine eterno e trascendente - non necessariamente confessionali - soffre oramai di questo stato di cose.

Anche la Chiesa ne soffre, perché la “scristianizzazione” è un altro evidente segno dei tempi e la fede è diventata essa stessa un fatto esclusivamente privato e ha lo status di un’opinione tra le altre e spesso, agli occhi di troppi “maestri” del pensiero, diun’opinione “cenerentola” emarginale.

E il Cristianesimo che a lungo si è identificato o ha accompagnato la storia dell’Europa, ha perso totalmente quella sua caratteristica di marcatore identitario. Anche perché la maggior parte dei Cristiani oggi vive fuori dall’Europa, nei paesi del Terzo Mondo, mentre in Europa, come è stato giustamente osservato, il Cristianesimo sta perdendo sempre più il suo contatto con il popolo nell’accezione più ampia del termine e quella Dottrina sociale della Chiesa che tanta importanza e forza aggregante ha avuto in passato, è oramai morta e sepolta e sostituita da una sorta di surrogato universalista che rincorre per disperazione le correnti liberiste e libertarie del pensiero progressista, nelle lorocento declinazioni.

Continuando a disperdersi nel mare magnum di una fumosa inclusività fine a se stessa, di un vago umanitarismo e di un riflesso condizionato di avversione per ogni forma di pensiero identitario, la Chiesa diventa,sempre di più, un ostaggio e unavittima consenziente che, in preda a una patologica sindrome di Stoccolma, finisce col considerare avversario ogni suo potenziale alleato, preferendo accompagnarsi a chi sotto sotto intende farle definitivamente la festa, ma con il sorriso sulle labbra, una riverenza e la manosempre sul cuore. C’è di che uscire matti, ma i tempi sono questi. Per ora. 

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