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L'opinione

La risacca del tempo e il Vomero del primo ‘900

Un’anastatica resta sempre una scommessa

La risacca del tempo e il Vomero del primo ‘900

Villa Floridiana

Un’anastatica resta sempre una scommessa. E quella che ha voluto offrire l’editore napoletano Morghen, riproponendo un volume del 1913 di Alfredo Arcuro è sicuramente figlia di una geniale intuizione. Dietro, c’è la volontà di presentare qualcosa di raro, di prezioso, qualcosa che, praticamente, non esiste più, trattandosi di un volume ormai scomparso, esaurito. E la scelta non semplicemente di ripubblicarlo ma di presentarlo all’ attenzione degli appassionati con la stessa impostazione grafica, con l’identico formato, con la stessa pregiata versione di un secolo fa adorna il testo come una reliquia preziosa.

Viviamo un’epoca convulsa, dove tutto viene macinato quotidianamente, lasciando nella risacca della mente solo modeste conchiglie di ricordi. Avere la forza di riproporre le impronte del passato, perfettamente identiche, tipograficamente sovrapposte è un esercizio di cultura antica e profonda.

Che il periscopio dell’interesse sia orientato poi verso il Vomero, verso un quartiere emblematico della città di Napoli, verso un’area che, nel Novecento, ha subito profonde trasformazioni urbanistiche, sociali, economiche ci aiuta ulteriormente a comprendere da dove si è partiti, dal timbro rurale dell’ epoca , dalle ville nobiliari poste in collina, per capire come tutto sia diventato progressivamente cemento, lasciando intatto solo il verde storico di Villa Floridiana.

Se c’è un quartiere che ha cambiato più rapidamente i propri connotati, questo è il Vomero, conservando comunque il suo tratto aristocratico, la magia delle sue strade dove si sono incontrati, nel tempo, artisti, pittori, teatranti, uomini di cultura, un intreccio di rapporti, di relazioni, di dialoghi che hanno costruito la storia culturale del Mezzogiorno.

Conservo ancora, tra le mie carte, una foto del giardino di casa Casciaro, in via Luca Giordano, un cenacolo attorno al quale ruotava, nel primo Novecento, l’ intera “ intellighenzia” dell’ epoca. Quella villa è ancora uno degli ultimi avamposti riconoscibili. Fuori, accanto all’ ingresso, coperta dai rami degli arbusti, c’è ancora una targa, voluta dal Circolo Artistico Politecnico. Si ricorda Giuseppe Casciaro, il più grande pastellista europeo, ed il suoruolo di fulcro vitale per l’ arte di quel tempo.

Ecco, questo piccolo volume racconta tante storie simili, tanti avamposti che hanno cambiato la società napoletana e meridionale. Recuperando miti e fantasmi del passato. Basta pensare al Forte di Sant’ Elmo, l’unico castello al mondo ad essere stato costruito con una pianta a sei punte. Una struttura misteriosa, a metà tra l’alchimia e l’esagramma del mondo ebraico. Una vicenda della quale si discute da seicento anni, senza trovare una soluzione.

Enigmi, sciarade che si sono intrecciati, nel tempo, con l’ aria fresca e frizzante che solo il Vomero sa donare in tante sere d’ estate, con quel sentimento speciale di chi vive Napoli in collina, lontana dal dedalo dei vicoli e dalle vene varicose del centro storico dove emerg

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