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L'opinione
25 Settembre 2024 - 11:02
Lo stabile di 7 piani di via Indipendenza a Casoria
Due storie che potrebbero sembrare lontane tra di loro ma che sono unite a doppio filo da un’unica matrice: il senso di una giustizia ingiusta. Due storie che non possono lasciare indifferenti e che impongono una profonda riflessione, perché sono testimonianze vive di un’attività che mina nelle fondamenta uno dei principi che sta alla base della tutela dei diritti del cittadino, del nostro Stato, dei suoi rappresentanti e della stessa democrazia.
La prima è quella che riguarda un uomo di Stato, il vicepremier Matteo Salvini, che rischia sei anni di reclusione e di dover corrispondere un risarcimento da un milione di euro, solo per aver fatto il proprio dovere di ministro. L’altra, invece, vede vittime di un sistema, a dir poco paradossale, persone normali, oltre un centinaio di cittadini di Casoria, tra i quali molti bambini e diversamente abili, che nei prossimi giorni saranno costretti a lasciare la casa nella quale hanno vissuto da sempre. Per quale motivo?
Perché, in maniera assurda, è stato deciso l’abbattimento di uno stabile di 7 piani di via Indipendenza, dopo circa 30 anni dal rilascio di un condono. Partiamo dal caso Open Arms, vicenda che inizia alla fine di luglio del 2019, quando la nave iberica di una ong spagnola salpa da Siracusa diretta a Lampedusa. A Lampedusa non arriverà mai, cambiando improvvisamente rotta e dirigendosi verso le coste libiche. Inizia dunque una navigazione nel Mediterraneo che la porterà a intercettare natanti con clandestini e alla fine della quale punterà nuovamente verso l’Italia.
Si presenterà davanti alle coste siciliane il 20 agosto, pretendendo di attraccare con ben 164 clandestini a bordo. Pochi o nessuno, però, dicono che in questi oltre 20 giorni di navigazione, la Open Arms ha continuato a rispedire al mittente ogni richiesta di soccorso, di aiuto e di sbarco in porti diversi (2 volte in Spagna!) da quelli italiani, rifiutandosi nei fatti anche di tutelare le persone che aveva a bordo.
Diversamente da chi - anche questo la sinistra si tiene ben lontana dall’ammetterlo - come l’allora ministro dell’Interno, Salvini, che impedendo che sulle coste italiane sbarcassero dei clandestini (scelta condivisa con e dagli altri componenti del Governo), aveva comunque provveduto a far sbarcare dalle nave spagnola minori, donne incinte e malati.
Ma allora dove sta la colpa di Matteo Salvini? Nell’aver impedito che irregolari, tra cui scafisti e trafficanti di droga e di morte, entrassero in Italia? Nell’aver impedito altre tragedie in mare grazie a politiche contro l’immigrazione irregolare che, durante il suo mandato, hanno fatto diminuire sensibilmente gli sbarchi di clandestini, passati dai 42.700 dell’anno precedente al suo arrivo al Viminale, a 8.691! O Salvini è colpevole di aver rispettato e fatto rispettare la Costituzione italiana che all’articolo 52 recita: “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”.
Se è così, allora Salvini è colpevole, ma insieme a lui lo sono tutti gli italiani che hanno a cuore la Nazione, la sua sicurezza e che ancora credono in una giustizia giusta, in una giustizia che non può né deve piegarsi mai alla politica - di qualsiasi colore essa sia -, che non può essere cieca, sorda e casuale, e finire per danneggiare il cittadino. L’altro caso riguarda persone normali, sconosciute alla cronaca.
Parlo di un’ordinanza di abbattimento di uno stabile di Casoria, 24 appartamenti, distribuiti su 7 piani. Anche questo è un drammatico esempio di una giustizia che continua ad essere completamente disattesa, svilita, strumentalizzata e per la quale pagano vittime innocenti, ignari cittadini che hanno avuto la colpa di acquistare le loro case in perfetta buonafede.
La storia comincia oltre 30 anni fa, quando l’edificio fu costruito abusivamente da un costruttore con pochi scrupoli, che agì indisturbato. Alcuni anni dopo, il costruttore fu condannato alla demolizione con sentenza passata in giudicato nel 1997 e, nell’attesa dell’abbattimento, il palazzo fu acquisito al patrimonio comunale. Storia finita? Tutt’altro. Un anno dopo, il Comune di Casoria restituì l’edificio al costruttore, rilasciando regolare condono. Ciò consentì la vendita di tutti gli appartamenti che si concluse tra il 1998 e il 1999.
Purtroppo, però, in questa vicenda non c’è lieto fine, perché all’improvviso, dopo più di 30 anni, un magistrato ha “scoperto” che il condono rilasciato dal Comune, a suo parere, non sarebbe stato legittimo. E nei fatti sta gettando in strada decine di famiglie che, a costo di grandi sacrifici, avevano acquistato quelle case, vittime di un meccanismo infernale, di una burocrazia ottusa esercitata “nel nome della legge”, accompagnata da un certo timore generale rispetto alla magistratura che si traduce in un triste “tutti zitti”. Situazioni del genere, a mio avviso, non possono invece essere accettate.
Ecco perché non solo continueremo a manifestare tutto il nostro dissenso, ma saremo sempre vicini a chi è vittima di iniziative, di dinamiche e di decisioni che di giustizia - nel senso primo e altissimo del termine - non hanno alcunché. Per questo ci siamo schierati compatti a sostegno e al fianco di Matteo Salvini, anche con i gazebo della Lega allestiti nelle piazze italiane.
E non solo per senso di solidarietà verso il nostro leader e per senso di appartenenza, ma soprattutto perché siamo consapevoli che difendere i confini e la sicurezza del nostro Paese non può costituire reato. Allo stesso modo, per riaffermare il senso primo della giustizia, sosteniamo le famiglie di Casoria per le quali torniamo a rivolgere l’appello al Presidente della Repubblica perché inviti alla ragione e alla misura, prima che sia troppo tardi, chi ha il potere di farlo “in nome del Popolo italiano”.
E sopratutto ribadiamo che c’è la necessità di una riforma della giustizia. È l’unica strada da percorrere per superare le storture di un sistema che oggi continua a caratterizzarla e per arrivare finalmente a una giustizia giusta, che non consenta, per nessuna ragione, nemmeno decisioni politiche, e sia depositaria ed emanazione di democrazia e dei valori più alti, qui nel Nostro Posto come nel resto della Nazione.
Noi vogliamo una giustizia esercitata nel rispetto delle regole e di una morale che accomuni realmente tutti gli appartenenti a una società civile e non di quella che proviene dal singolo magistrato che interpreta la legge. Vietato sottovalutare il problema, perché riguarda tutti noi, nessuno escluso, al di là del ruolo, anche istituzionale, che si ricopra.
Resta una ulteriore considerazione, un interrogativo che rivolgo come spunto per una riflessione sulle responsabilità della magistratura: chi pagherà, per tutto quello che si sta spendendo tra indagini, processi e attività varie, nel caso in cui dovesse emergere alla fine - anche relativamente ai casi della Open Arms o dello stabile di Casoria - che non c’erano irregolarità? Nessun giudice. A pagare sarà stato soltanto chi ha subìto una sentenza ingiusta.
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