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Magistratura, dossieraggi, scandali e democrazia

Il sistema più semplice ed efficace per limitare preventivamente la libertà dei cittadini è la schedatura

Magistratura, dossieraggi, scandali e democrazia

Il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri

Cari amici lettori, la leggenda contemporanea vorrebbe che soltanto sotto i regimi totalitari i cittadini perdano la loro libertà. In questa frase c’è una sola parola sbagliata: “soltanto”. Non v’è dubbio, infatti, che nel secolo passato i regimi totalitari, con quello sovietico e quello nazista in prima fila, tenessero sotto stretto controllo i cittadini, spiandone appartenenze, attività e opinioni.

Il sistema più semplice ed efficace per limitare preventivamente la libertà dei cittadini è la schedatura. Nei regimi sedicenti democratici quest’attività non è lecita, poiché contraria ai principii di libertà della Costituzione. Tuttavia nell’Italia postfascista sedicente democratica la schedatura, operate da organi statali o anche da organizzazioni private, ha determinato frequenti scandali.

Nel 1979, a seguito della vicenda De Lorenzo, Andreotti assistette alla distruzione con il fuoco, avvenuta per suo ordine, di trentatremila fascicoli raccolti dal Sifar, organo militare di “affari riservati”. Non possiamo, tuttavia, dimenticare gli scandali provocati dai dossieraggi operati, fra tanti altri, da logge massoniche e da enti economici come la Fiat. Lo scandalo del giorno è il nuovo dossieraggio operato da dipendenti della direzione nazionale antimafia, organo giudiziario dello Stato, che sembra aver raccolto ancora più dati di quelli cancellati da Andreotti.

Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, competente per i reati commessi da magistrati romani, ha chiesto misure cautelari nei confronti di un tenente della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, e del magistrato Antonio Laudati. Il Gip ha ritenuto sufficienti gli indizi di colpevolezza, ma ha negato il provvedimento perché non ci sarebbe più pericolo di reiterazione, non operando più i due in quell’ufficio.

Delle informazioni raccolte si sarebbero giovati, fra gli altri, tre giornalisti di “Domani” (quotidiano di Di Benedetti, tanto per cambiare): Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, accusati di accesso abusivo e rivelazione di segreto. La gravità dei fatti, oltre che per la loro essenza, risiede nel coinvolgimento di un organo della magistratura, ordine che è già al minimo storico nella fiducia dei cittadini, passata da oltre due terzi a meno di un terzo.

Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ha in questi giorni dichiarato, fra gli applausi dei social: “Noi magistrati oggi siamo ai minimi storici di credibilità, perché abbiamo fatto degli errori”. Gli errori sarebbero, fra l’altro, nell’affossamento dello scandalo Palamara e nel persistere del potere correntizio.

È ovvio che a Gratteri, magistrato in servizio, a me, magistrato in pensione, come a tutti coloro, e sono la grande maggioranza, dei membri dell’ordine giudiziario questa situazione provochi un insostenibile rincrescimento. Lo scandalo “Antimafia”, nonostante questa gravità, non trova spazio nei principali organi di informazione, controllati dalla sinistra.

La figura che suscita maggiore perplessità (indignazione, per quanto mi riguarda) è quella di Federico Cafiero de Raho, dal 2017 al 2022 capo dell’Antimafia e oggi deputato cinque stelle,vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia che deve occuparsi della faccenda. La sua incompatibilità con il procedimento in corso è al di sopra di ogni evidenza. In questa vicenda egli è implicato, anche perché Striano è un uomo di sua fiducia.

Può e deve essere quindi testimonio, non giudice. Lo hanno invitato a lasciare la Commissione, ma si è rifiutato. A mio avviso, non è indispensabile, anche se opportuno, che si dimetta: lo è, certamente, che si astenga dal partecipare ai lavori. L’astensione è un istituto di correttezza che Cafiero, dopo decenni di militanza in magistratura, non può ignorare. La sua presenza come commissario, oltretutto, impedisce che egli venga esaminato come persona bene informata sui fatti.

Non è il caso di ricordare che egli fu coinvolto anche nel caso Palamara, poiché la sua posizione venne archiviata dal Csm con un solo voto contrario e quattro astensioni. Ma il precedente dovrebbe imporgli maggiore prudenza, a tutela del proprio prestigio personale e di quello dell’ordine giudiziario, già troppo malandato. Stiamo a vedere, senza mollare la presa.

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