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Lettera al direttore
26 Settembre 2024 - 13:25
Egregio Direttore, chiedo scusa ai lettori se ritorno su un argomento che, credo, comunque, stia a cuore della maggioranza dei napoletani: il dibattito accesosi specie in questi giorni di riapertura delle scuole in merito alla sosta abusiva nella nostra città, e il degrado di luoghi storici “abbandonati” alle decennali promesse e dichiarazioni roboanti che impressionano solo il credulone di turno. Con grande attenzione, quindi, ho seguito e seguo gli articoli e resoconti di bravi giornalisti che chiedono pareri di professionisti del ramo, ma anche, doverosamente dell’opinione comune pubblica. È questa utile informazione-denuncia che riesce più di altri provvedimenti, a smuovere anche le “coscienze istituzionali” della nostra città, una volta denunciando l’estremo degrado in cui versa il colonnato di piazza del Plebiscito, dove è allocata anche la bellissima Basilica di San Francesco di Paola. La piazza, come gli storici sanno, fu ricostruita per volontà di Ferdinando I, re delle Due Sicilie, con il progetto dell’architetto,il grande professore Fontana, che rappresentò il fulcro della nobiltà partenopea non solo, ma anche del popolo, che usufruiva della maestosità della piazza (circa 25.000 mq.) e delle numerose botteghe artigiane che fiorivano sotto il porticato. Dall’Unità d’Italia in poi, specie negli ultimi decenni del secolo scorso, la piazza degradò fino al punto di diventare parcheggio pubblico per le auto, con una confusione tale, che toccò anche il colonnato, trasformatosi in rifugio di clochard e una specie di discarica a cielo aperto. Ricordo che il prelato responsabile della Basilica teneva costantemente chiuso il portone principale dell’ingresso della Basilica per evitare che i miasmi esterni provenienti dal porticato si avvertissero anche in chiesa. Ci furono anche due importanti avvenimenti negli anni ’90, perché le coscienze si svegliassero: il neo-eletto sindaco Antonio Bassolino decretò la fine del parcheggio pubblico cui era stata destinata la piazza e la concessione ai fratelli De Martino di un locale del colonnato dove poter sistemare l’antica e famosa “libreria Treves” di via Toledo, sgomberata perché il proprietario dello stabile ne reclamò il possesso. Ero consigliere comunale, allora, e, senza discriminare nessuno a seconda delle idee politiche, con a capo il grande avvocato Marotta inscenammo una protesta per la conservazione di un pezzo di storia della cultura napoletana, qual era la libreria “Treves”. Fu così che l’amministrazione comunale, con il consenso degli altri enti responsabili, concesse al titolare della libreria un locale sotto i porticato della piazza. Si stabilì anche in un protocollo d’intesa che la collocazione della libreria fosse un primo passo per concedere altri locali per altre attività. Di più, a presidio della sicurezza della piazza veniva messo un nucleo permanente della Polizia Urbana. Grande soddisfazione di tutti; comunicati trionfanti degli enti cui la piazza fa capo (Comune; Prefettura; Curia; Sovrintendenza dei Beni Culturali, e chi più ne ha, più ne metta); spazio anche nazionale sui maggiori quotidiani. “Il Rinascimento” di cui tanto si parlava all’epoca sembrava identificarsi nella piazza liberata dalle macchine e dal recupero del colonnato. In realtà, dopo la libreria Treves, nessun altro insediamento fu fatto. Anzi, il coraggioso titolare della libreria fu costretto a chiudere dopo poco tempo, perché fu reclamato un canone per la stanza occupata dai libri assolutamente sproporzionato. Il resto è storia recente, fatta di promesse anche per altre realtà scomparse dalla nostra storia plurimillenaria, tutte clamorose sconfitte. Cito solo due date: 16 maggio 2017. Ci fu un comunicato congiunto tra gli enti pubblici responsabili della piazza e colonnati, in cui si affermava che “finalmente” erano stati assegnati 6 locali del colonnato a privati tra cui gestori di bar, ristoranti e botteghe artigianali. Tra qualche mese, si diceva, alla fine dei lavori di ristrutturazione i napoletani troveranno una piazza e il suo colonnato frequentati più di ogni altro posto! Il 15 marzo di quest’anno i giornali hanno riportato che gli assegnatari dei 6 locali dati in uso nel 2017, con a carico tutti i lavori di ristrutturazione, onerosi per la fatiscenza degli stessi, hanno consegnato le chiavi alle amministrazioni pubbliche, perché stanchi di iter burocratici durati 7 anni ed ancora non conclusi, con la “beffa” di ingiunzione del pagamento dei 7 anni di arretrati per il canone di locali non ancora usufruibili! Ora siamo ad un nuovo “protocollo di intesa”, Direttore. Sarà la volta buona?
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