Cerca

l'analisi

Attenzione alle cause, non solo agli effetti

La sanzione è l’ultima, dispendiosa, scarsamente efficace e sgradevolissima misura

Attenzione alle cause, non solo agli effetti

Non c’è dubbio che, per quanto odiose, le sanzioni costituiscano un indispensabile strumento in qualsiasi comunità organizzata. La naturale, antropologica tendenza dell’essere umano all’aggressione fa sì che siano necessari disincentivi alla violenza: violenza di Stato contro violenza individuale, posto che lo Stato sia in grado d’indirizzare la propria secondo prevedibili regole, volte al perseguimento della socialità possibile. E questo è vero. Ma è anche vera un’altra cosa: che la sanzione è l’ultima, dispendiosa, scarsamente efficace e sgradevolissima misura. Ad essa deve ricorrersi dopo aver fatto tutto quanto possibile per evitare che la condotta antisociale sia posta in atto.

Anche perché c’è un dato di sostanza che la sanzione reca inesorabilmente con sé: quando avvertita come ingiusta, ingiustificato mezzo repressivo che non persegue la socialità ma percorre scorciatoie autoritarie per imporre quel che si vorrebbe, crea reazione opposta e le cose si aggravano. Questa non breve premessa allude ad un indirizzo politico dell’attuale maggioranza parlamentare, che sembra far incauto affidamento sulla sanzione: che, soprattutto, pare orientare le energie pubbliche verso la repressione dell’effetto, piuttosto che in direzione della rimozione delle cause.

Il primo esempio è nella previsione di nuove, gravi sanzioni nei confronti delle condotte di detenuti che protestano nelle carceri. Indubbiamente, talune condotte debbono obtorto collo sanzionarsi, e peraltro già lo si faceva: ma francamente punire con ulteriori anni di carcere chi pone in essere iniziative di ‘resistenza passiva’ in quegli autentici luoghi di sterminio della dignità umana che sono gli istituti penitenziari italiani – dove le condizioni di vita dei detenuti sono fonte ininterrotta di suicidi e di atti d’autolesionismo – significa attribuire alla reclusione una funzione affatto opposta ai suoi scopi: garantire all’illegalità di Stato d’avere la meglio.

Non è azzardato affermare, oggi, che chi invia un delinquente o, il più delle volte, sospettato tale al penitenziario commette un reato: il reato di sottoporre il detenuto ad un regime di vita vessatorio ed illegale, affatto estraneo alla funzione di difesa sociale e recupero individuale alla cultura delle regole: dato che di regole nella casa circondariale ne vengono intraviste poche e la persona colà spedita apprende piuttosto a coltivare un odio sofisticato e ben strutturatonei confronti dello Stato e della comunità che quello Stato esprime. Ma c’è un’altra ed ancor più emblematica manifestazione di questa incomprensione dell’esigenza d’intervenire sulle cause e non sugli effetti, come si converrebbe in una società avanzata: ancor più grave perché riguarda quella fase in cui il cittadino si forma a divenir tale ed invece apprende solo a diffidare del senso del bene comune.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito, il giurista Giuseppe Valditara, va menando in questi giorni gran vanto della scelta d’introdurre già a livello della scuola primaria il voto in condotta, quale discrimine per la promozione alle classi successive: chi dovesse meritare uno spigoloso 5, tanto per intenderci, non procederebbe nelle successive classi del ciclo e dovrebbe ripetere l’anno. A questa misura, almeno a giudicare dall’enfasi che la sta corredando in queste settimane, viene attribuita gran copia d’aspettative: in sostanza, essa farebbe intendere allo scolaro l’ossequio dovuto al rispetto per l’autorità, il riguardo per tutto quanto è collettivo, la disciplina nei confronti del docente, il maestro d’un tempo.

Comprendo, perché giurista sono, che le sanzioni sono necessarie: in un’epoca ormai lontana, qualcuno lo ricorderà, correva il distico ‘mazza e panella fanno i figli belli’. Ma quell’epoca faceva pare di tutt’un’altra realtà, quella dell’autorità del padre, della solidità esclusiva della famiglia, dei valori incrollabili d’una religione intesa come indiscutibile indirizzo di vita. Oggi tanto è mutato, la realtà sociale non è più quella, l’autodeterminazione è indotta dall’accesso a fonti di conoscenza enormemente dilatate ed ingovernabili in termini di esclusività familiare o scolastica.

Avrei compreso il voto in condotta, se l’enfasi fosse stata posta anzitutto su altri elementi: formativi. Perché la giovane mente acquisisca il senso delle regole e l’importanza del sentirsi parte d’un disegno collettivo di cooperazione verso obiettivi compatibili con l’avanzamento della socialità, lo strumento di trasmissione non è certamente lo sventolare la sanzione del voto in condotta. Che poi, c’è da giurarci, resterà lettera morta e dunque in quelle più che sporadiche applicazioni, solo fonte di conflittualità, contenziosi, nella migliore delle previsioni, violenze, nella più prevedibile. Il modo di condursi socievole s’insegna in tutt’altra maniera,creando affezione per il bene comune: ad esempio, nelle scuole in Giappone gli alunni sono chiamati sin da subito a mantenere l’igiene e l’ordine delle proprie classi, così impercettibilmente acquisendo il senso del valore innegoziabile della cosa comune.

Per trasmettere il senso del collettivo – che non viene naturale all’umano, essere egoistico ed appropriativo per eccellenza – bisogna con condotte, rappresentate ancor prima che enunciate, con manifestazioni visibili far intendere quanto sia egoisticamente utile, nella media e lunga durata, adusarsi ad osservare le norme sociali, in vista d’un vantaggio che pur richiedendo sacrificio, si risolve in un benessere generalizzato e dunque poi anche individuale. Un tal genere di docenza non s’improvvisa ma va formato. Ecco, mi sarei atteso che su questo si fosse puntato e si propagandasse anzitutto, non sul voto in condotta, chimerico e controproducente, ove strumento coercitivo privo di adeguata contestualizzazione. Invece no. Il voto in condotta per chi mal si conduce. E chi e come insegnerà a comportarsi bene? Questo parrebbe essere tema di scarso interesse mentre – se vi si ponesse adeguata attenzione – è semplicemente il tema.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori