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L'opinione

Così il mare tornerà a bagnare Napoli

Grazie alle misure messe in campo dal Governo nazionale si assiste ad un cambio di passo

Il porto di Napoli torni a far parte della città

Veduta dall'alto del porto

Nonostante il rapporto indissolubile che lega da sempre Napoli col suo mare, è innegabile che, per molto tempo, sono mancate nella nostra città visione e prospettiva, non solo sotto il profilo culturale e identitario, ma ancor di più sotto il versante socioeconomico.

È evidente che parlo prima di tutto del nostro porto, che ha vissuto una lunga fase di arretramento rispetto alla sua dimensione più autentica in considerazione della sua storia, della sua posizione, della centralità e del peso della Campania rispetto al Paese: quella di punto di congiunzione e riferimento tra l’intero bacino del Mediterraneo e l’Europa. Finalmente ora, grazie alle misure messe in campo dal Governo nazionale - che sta bruciando le tappe intervenendo per invertire la rotta dopo decenni di torpore - si assiste ad un cambio di passo, testimoniato dai numeri.

La città di Napoli, secondo i dati del Cnr-Iriss, ha il quinto porto d’Europa nel comparto crocieristico, con un trend di crescita senza eguali. Ancora più significativi i dati della logistica: l’indagine di Srm certifica che, nonostante il settore viva in generale una stagione complessa col Mediterraneo che inevitabilmente risente degli effetti delle due guerre in corso, il porto napoletano, nei primi sei mesi di questo anno, ha segnato una crescita di quasi 9 punti percentuali per quanto riguarda il traffico dei container.

Sono i frutti dell’attenzione costante e degli impegni mantenuti per il Mezzogiorno e per i nostri territori, prima di tutti dal vicepremier e titolare del Mit, Matteo Salvini, e dal viceministro, Edoardo Rixi. Quello che però appare davvero confortante è che i risultati già raggiunti sono solo la premessa di un’azione di sistema che punta a condurre la nostra area portuale ai vertici assoluti dell’intermodalità continentale, con una visione e una progettualità che non hanno precedenti.

È sufficiente individuare le direttrici di questa azione armonica, corale e finanziariamente solida, per averne conferma, a partire dalla realizzazione di interventi funzionali a garantire il potenziamento dei collegamenti tra lo scalo e l’entroterra, per moltiplicare capacità di logistica e rete di trasporti da e verso il resto del Paese e l’Europa.

Ovviamente mi riferisco in primo luogo al cantiere del Pnrr per unire il porto alla rete ferroviaria nazionale: un’azione auspicata da decenni dal nostro tessuto produttivo per facilitare, modernizzare e ampliare la velocità del trasporto delle merci dell’intero Mezzogiorno direttamente dallo scalo marittimo, dopo decenni di assenza, pressoché totale, dei collegamenti da “ultimo miglio”. Accanto a questo ci sono le opere per allargare la capacità di accoglienza delle nostre banchine, le misure di modernizzazione delle strutture, gli interventi per razionalizzare i percorsi.

Non basta. Insieme alla dimensione strettamente operativa, la sfida della modernità si sta combattendo anche sul versante del mutamento complessivo di funzione dello scalo partenopeo che non soltanto deve essere integrato nella città, come parte viva e vissuta del territorio, ma deve anche avviare un’azione di allargamento dei suoi storici confini, non solo fisici ma pure delle attività e delle iniziative. È questa la direzione in cui occorre procedere concentrando energie in termini di proposte e progettualità.

L’integrazione del porto con il molo San Vincenzo (i cui lavori sono ormai in fase di completamento) è solo il punto di premessa perché la finalità deve essere quella di dar vita anche ad una enorme ed elegante area commerciale, con spazi per l’accoglienza, lo svago, lo shopping, sul modello di altre grandi realtà portuali internazionali ma con il valore aggiunto dell’inestimabile bellezza dei luoghi.

Sull’altro versante, l’ammodernamento complessivo del terminal del Beverello è indispensabile per trasformare l’immagine del punto di arrivo e transito, adeguandolo ad un contesto turistico che per numeri, intensità e dimensioni si pone naturalmente ai vertici mondiali. In questa direzione è di straordinaria importanza anche l’azione per rilanciare spazi e strutture che anni di disinteresse hanno fatto scivolare nel degrado e nell’abbandono, come il recupero degli ex Magazzini Generali per il quale questo Governo ha stanziato sui fondi complementari del Pnrr 20 milioni di euro, come pure i 25 milioni destinati alla realizzazione di un parcheggio interrato nell’area del complesso.

E poi bisogna dar vita ad altri progetti, avanzati da anni ma restati lettera morta per insipienza e ignavia, come un acquario sul modello di quello che a Genova garantisce stabilmente - in una dimensione oggettivamente assai meno fascinosa - un flusso enorme di accessi. Senza dimenticare che l’area portuale ha la possibilità di ospitare agevolmente anche un Museo dell’Emigrazione, destinato a coniugare la memoria storica di Napoli e il legame con il porto ed il mare, da realizzare nel polo dell’Immacolatella Vecchia.

Un progetto in grado non soltanto di favorire il turismo di ritorno, quello dei discendenti delle tante persone che nel secolo scorso hanno lasciato i nostri territori per trasferirsi all’estero, soprattutto Oltreoceano, ma anche per riscoprire il valore delle radici e ribadirne l’importanza. Ma l’occasione del new deal passa anche per scelte innovative e coraggiose. Napoli deve recuperare pure la sua funzione di porto turistico per la diportistica di ogni livello. Perché limitarsi ai soli mega yacht - che peraltro oggi stentano a trovare accesso per limiti strutturali - quando abbiamo tutte le condizioni per dar vita, nell’area a partire dal Molosiglio, ad un grande porticciolo per imbarcazioni private di ogni dimensione che può estendersi sino a via Caracciolo?

Una prospettiva, questa, che da sola è in grado di riversare nell’economia cittadina un volume di risorse straordinario, oltre a potenziare in sé le ragioni del turismo verso Napoli. Analogamente, l’area ad Est - abbandonati gli insensati progetti che prevedevano la realizzazione di impianti di gassificazione in piena città - deve trovare una nuova dimensione che può essere quella di dar vista ad una vera e propria cittadella affacciata sul mare, senza nuovo cemento, ma semplicemente recuperando il cimitero industriale degli anni 70/80, trasformando strutture ed edifici in uffici e appartamenti residenziali con spazi verdi e accesso diretto alla spiaggia.

Come si vede, le prospettive sono imponenti e straordinarie. Si può davvero cambiare, in meglio, Napoli. Si tratta però di saper cogliere lo slancio impresso da questo Governo trasformandolo in un’azione stabile e costante. In questo la funzione decisiva dovrà essere svolta dalla Regione che nascerà il prossimo anno dalle ceneri della triste stagione deluchiana. È questo l’obiettivo a cui noi della Lega stiamo lavorando e per il quale invitiamo tutte le forze sane ad offrire un contributo di idee e di coraggio.

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