Cerca

l'analisi

Da Napoli a Beirut: la tela italiana nel deserto europeo

La delicata missione in Medio Oriente

Israele attacca quartier generale Unifil in Libano, colpite anche due basi italiane

C’è chi tesse la tela e chi la disfa. La delicata missione in Medio Oriente, che ha portato ieri Giorgia Meloni in Giordania e Libano, pone l’Italia al centro di un’iniziativa di pace tanto meritoria quanto rivelatrice della totale irrilevanza dell’Europa. Incontrando a Beirut il primo ministro libanese, la premier ha rinnovato la volontà di contribuire alla stabilizzazione dell’area. Lo ha fatto in splendida solitudine, poche ore dopo l’eliminazione del macellaio capo di Hamas, Sinwar, e nel pieno dell’offensiva israeliana nel Sud, chiedendo di potenziare le forze armate libanesi. Resta però il macigno rappresentato dai terroristi di Hezbollah che continuano a condizionare la politica del Paese dei cedri, rendendola succube del regime islamista iraniano. Con i fatti, dunque, l’Italia dimostra di lavorare a una soluzione diplomatica in Medio Oriente che, per quanto difficile, resta l’unica via possibile. Sarebbe opportuno che un’analoga iniziativa venisse assunta anche sul fronte ucraino.

In entrambi i casi, infatti, un’ulteriore escalation avrebbe come unico esito uno scenario senza vincitori né vinti e con conseguenze difficilmente prevedibili. Nelle stesse ore in cui Meloni era a Beirut, a rafforzare la tela diplomatica tessuta dal Governo era a Napoli il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che si affannava a chiedere ai suoi omologhi del G7 qualcosa di più delle solite parole inutili. La voce di Roma si alza forte nel deserto europeo. L’Ue, ancora una volta preda di divisioni e incapace di esprimere una politica comune, non riesce ad andare oltre le condanne parolaie con le quali di certo non si fermano le guerre. Un’impotenza e un’incapacità d’incidere che rischia di essere pagata dai nostri militari. Nel corso della sua missione mediorientale, infatti, Meloni ha ricordato a tutti gli attori sul campo Israele in primis che la priorità per Roma è garantire la sicurezza dei soldati di Unifil. È inutile girarci attorno: gli attacchi israeliani ai soldati Onu che dal 2006 si trovano nel Sud del Libano non sono stati degli errori, come pateticamente affermato da Tel Aviv, ma vere e proprie intimidazioni. Quegli atti ostili hanno provocato la giusta reazione indignata di Roma, che fornisce il grosso del contingente internazionale.

Per Tel Aviv si è trattato di un errore capitale, il cui unico esito è stato accentuare ancora di più il suo isolamento internazionale. Tra i Governi europei, infatti, quello italiano era tra i più solidali con Israele e forte era il legame di solidarietà personale tra Meloni e Benjamin Netanyhau. Anche perché il partito del premier israeliano, il Likud, aderisce come membro non europeo al Gruppo dei Conservatori, di cui proprio la leader italiana è presidente. Ma dopo quanto accaduto, i rapporti tra i due sono al minimo storico. Meloni a Beirut e Crosetto a Napoli hanno ribadito che l’Italia chiede una piena applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Tuttavia non si può far finta di dimenticare che la missione Unifil è stata un totale fallimento. Vale appena la pena di ricordare che la risoluzione del 2006 stabiliva che tra il confine immaginario israelo-libanese e il fiume Litani Hezbollah doveva ritirarsi e disarmare, ma tutto ciò non è mai stato attuato. L’esito è sotto gli occhi di tutti: non c’è collina nel Sud del Libano senza tunnel e depositi sotterranei di armi e munizioni dei terroristi, che per di più usano come scudo proprio le strutture Unifil. È giusto prendersela con gli israeliani perché sparano contro i soldati Onu, ma è altrettanto giusto ricordare che dal 7 ottobre Hezbollah ha lanciato 8mila missili contro Israele sotto il naso dei nostri militari, impossibilitati a intervenire da regole d’ingaggio a dir poco ridicole. Invece di produrre dichiarazioni tanto roboanti quanto inutili, l’Onu pensi a come rafforzare l’iniziativa diplomatica italiana per fermare la guerra. E se non ci riesce non aggiunga al suo fallimento politico anche quello militare. Sarebbe tragico.

©riproduzione riservata

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori