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La democrazia e la crescita: il Nobel che parla al Sud

Il premio per l’Economia a Daron Acemoglu, Simon Johnson e James A. Robinson

La democrazia e la crescita: il Nobel che parla al Sud

Il premio Nobel per l’Economia, quest’anno, il 10 dicembre, verrà consegnato a tre illustri economisti, Daron Acemoglu e Simon Johnson, del MIT di Boston, e James A. Robinson, dell’Università di Chicago, per i loro “studi su come le istituzioni si formano e impattano sulla prosperità” delle Nazioni. Per oltre un ventennio questi illuminati studiosi hanno portato avanti un lavoro di ricerca teso a spiegare al mondo che la democrazia è la base di tutte le formule sulla crescita economica. Dal 1969, anno della istituzione dello specifico riconoscimento in economia, la banca svedese ha tributato l’importante attestato a esperti di teorie economiche, micro e macro, che hanno studiato e combinato le diverse variabili e i fattori della produzione guardando alle dinamiche dei mercati.

La questione dell’assetto istituzionale è sempre rimasta sullo sfondo. Il passaggio significativo di quest’anno è che l’elaborazione scientifica fa riaffiorare nel terzo millennio e in una proiezione economico sociale quel concetto di potere del popolo affermato nel VI sec a.c., quale antidoto ideato dagli antichi greci per passare dalla inefficienza del governo dei pochi alla laboriosità e produttività dei modelli partecipati, prima forma dei moderni sistemi di rappresentanza. L’evento non può lasciare indifferenti. Soprattutto dalle nostre parti. Nogales, Sonora, in Messico, la città campione, studiata dai tre Nobel, potrebbe essere Napoli, Bari, Palermo, Reggio Calabria. La comunità di questa città, al confine con gli Stati Uniti, a differenza della città comparata di Nogales, Arizona, negli Stati Uniti, ha standard di assistenza, sanitaria e istruzione più bassi e tassi di criminalità piu alti.

Il reddito pro capite della parte statunitense è tre volte superiore a quello del territorio messicano. In italia, il tema delle ineguaglianze tra le due parti dello stivale, in termini di diritti essenziali e servizi di base è ampiamente approfondito, e il reddito delle regioni settentrionali, secondo gli ultimi dati Istat, è il doppio di quello delle regioni del Mezzogiorno, con valori medi che vanno dai 40.900 euro del nord ai 21.700 del Sud. Confrontando i livelli di inclusività delle due aree di Nogales, una messicana e l’altra statunitense, l’analisi porta alla conclusione che i sistemi di governo partecipati portano benessere e che la partecipazione attiva dei cittadini migliora le performance istituzionali. Partendo dal dato acquisito che l’assetto istituzionale in Messico è meno inclusivo di quello degli Stati Uniti, ampiamente competitivi, l’analisi passa attraverso elaborati di situazioni di contesto presi in considerazione quali dimostrazioni applicate della teoria sviluppata.

Se applicassimo la formula all’Italia vedremmo che, pur muovendoci in un unico paese, quindi teoricamente con stesse regole, il livello di democrazia è diverso. Basta prendere in esame il dato dell’astensionismo. A partire dalle elezioni del 1979 l’affluenza alle consultazioni parlamentari in Italia ha subito un progressivo e quasi continuo calo, che l’ha portata dal 93,4% del 1976 al 63,8% del 2022. 17 milioni di elettori hanno scelto di non votare perché non si riconoscono in nessuna offerta politica e non credono nelle intenzioni e nelle promesse somministrate in campagna elettorale, in tal modo esprimendo un senso di sfiducia nelle istituzioni. Sezionando le cifre si evidenzia che il dato più basso di affluenza si registra nelle isole, poi man mano, al Sud e infine al Nord. Grossolanamente si può azzardare un’astensione del 60% in Sicilia e Sardegna, del 51-52% nelle regioni meridionali e del 37-38% al Nord.

Quindi a parità di condizioni di partenza, identico quadro normativo, c’è un dato antropologico che influenza l’assetto delle istituzioni. Gli studiosi assegnatari del prestigioso premio comparano istituzioni “estrattive” e istituzioni “inclusive”, attribuendo alle prime un carattere depressivo e, dunque, un effetto di ostacolo alla crescita. Mentre le istituzioni inclusive sono di stimolo alla sviluppo sia sociale che economico, in quanto il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte anima i luoghi di aggregazione e di discussione e i confronti che in essi si promuovono aiutano a portare un contributo di idee definito e a stimolare una cittadinanza consapevole, che non può essere ignorata da chi si candida a rappresentare il paese. I tre economisti approfondiscono gli scopi delle istituzioni estrattive e inclusive, indicandoli, rispettivamente, nello sfruttamento del potere per le prime, e nella promozione della prosperità per le seconde.

Ma non considerano le cause di tali assetti diversificati e che il profilo di un quadro istituzionale si può determinare dal basso, come nel nostro caso. L’indifferenza di noi meridionali agli strumenti di democrazia, come le leggi elettorali e ordinamentali, è la causa prima del degrado delle nostre istituzioni, che assumono caratteri tipicamente estrattivi e performano poco e male. Ho aderito di recente al Comitato per la modifica della legge elettorale, per un sistema proporzionale e preferenziale, in condizione di restituire il costituzionale potere al popolo. La partecipazione è stata scarsissima. Stimolare l’interesse di quei circa 60mila eroi che hanno sottoscritto i quesiti referendari è stata un’impresa. Purtroppo i concetti di democrazia e partecipazione rimangono molto distanti. Non si legge la stretta correlazione che c’è tra esercizio del diritto alla sovranità del popolo e ritorno in termini di soddisfazione degli interessi generali.

Quando da noi si celebra una campagna elettorale, per lo più, si improvvisano i consensi in favore, nel migliore dei casi, di quello che appare il candidato vincente, per arrivare anche a barattare il proprio diritto con piccoli riconoscimenti o grandi promesse. Il meccanismo così sintetizzato lascia in campo solo quelli avvezzi a scomposte tifoserie o scarsamente idealizzati e accresce la platea dei rinunciatari e degli sfiduciati. Questo significa che sarà sempre più così. E che i piccoli bagliori di luce che il Sud inizia a intravedere, con millesimali segnali di miglioramento, non si trasformeranno in un duraturo processo di crescita perché destinati a spegnersi quando lo “sfruttamento” sarà finito.

Il Nobel voluto dallo strano personaggio Alfred alla fine dell’800 per premiare gli studi e le ricerche rivolti a creare benessere e promuovere pace nel mondo, questa volta da Stoccolma arriva a Napoli e dintorni, passando per gli Stati Uniti. Questo premio è per me un ennesimo campanello che suona per noi, per l’ indolente popolo deluso e per il riottoso popolo dei bisogni. Una scoperta che può dirsi rivoluzionaria, alle nostre latitudini. La democrazia ti fa mangiare!

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