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25 Ottobre 2024 - 10:13
L’uccisione a colpi di pistola di Emanuele Tufano, il 15enne incensurato del rione Sanità, avvenuta la scorsa notte nella zona del Mercato, è strettamente legata alla tristissima e devastante vicenda del ragazzino (appena sedici anni) che ha ucciso un suo quasi coetaneo, oltre a rilanciare un’immagine di Pianura degradata e cupa, ha fatto emergere una delle più dirompenti contraddizioni che il quartiere vive da anni.
Il degrado morale di parte della comunità si accompagna, anzi, è il frutto più autentico dell’albero dello sfacelo strutturale in cui giace Pianura. La mancanza di un piano di rilancio che riqualifichi le zone dove l’abbandono generale si annida è una delle cause che produce i mostri che vengono poi sbattuti in prima pagina. Le metamorfosi della malavita rispondono sempre ad un adeguamento dei costumi del tempo e la società locale è in piena sintonia con questo trend. Negli ultimi anni il mondo del crimine ha addirittura dettato l’agenda del malcostume incidendo massicciamente sui comportamenti sociali a partire dai più giovani. Le serie televisive trash e inneggianti all’”eroismo” dei camorristi; il lassismo istituzionale per un ruolo sempre meno da protagonista nei processi di crescita della comunità; l’isolamento della Scuola nella sua azione educante (si è rotto il patto con le famiglie), sono solo alcuni dei fattori che hanno alzato il tenore del rischio di devianza sociale.
Un ulteriore deragliamento dal binario che una volta fa si definiva “normalità” è stato messo in atto dal perdurante e invasivo processo mediatico di canali social che hanno sdoganato i comportamenti che un tempo erano fonte di vergogna sociale. Tutto questo coacervo di cause pur essendo molteplici non giustificano però la stagnazione in questo stato di degrado che sembra non avere fine. Un quartiere allo sbando che trova un po’di conforto nell’impegno delle associazioni e della buona volontà delle forze del “bene” disponibili che da sole non bastano più ad arginare l’onda d’urto di un malessere ormai ben incardinato in una specifica rete di consenso sociale.
Da dove partire per avviare una stagione di rinascita? Quali strategie bisogna adottare per limitare i danni e riconvertire il male in una legittima riconsegna del quartiere alla gente perbene? Tra i tanti confronti fatti dal mondo dell’associazionismo e dai dati reperiti nell’analisi dei reati e del malcostume diffuso nel territorio emerge sempre il luogo di origine. Le zone da dove parte l’acuto delle emergenze criminali sono sempre le stesse da qualche decennio a questa parte. Sono zone ben individuate ed oggetto di interventi “straordinari” ma sostanzialmente inutili visto il proliferare della pressione criminale.
Smantellare questi agglomerati, che spesso hanno nomi di fantasia bonaria, si rende necessario ed impellente perché, nell’immaginario collettivo, diventano luoghi mitologici per le appartenenze alle famiglie del malaffare alla stregua di un drammatico gioco delle parti. Anche mamma Rai rinforza questa visione di luoghi simbolo del male con riprese televisive che marcano ancor di più il divario con la Napolibene di Posillipo. Siamo ormai la Malanapoli e questa etichetta deprime ulteriormente tanti aspetti della nostra collettività in campo sociale, economico e culturale. Le vele di Scampia sono il chiaro esempio che al brutto risponde il brutto e dal degrado nasce altro degrado.
Questi ragazzi, abituati ad interagire con le tinte oscure di una società violenta e povera di ogni dimensione civilmente accettabile a partire dalle loro case, sono e saranno sempre destinati ad assorbire esempi di abbrutimento umano come l’accettazione semplicistica della morte. Uccidere un altro ragazzo, quindi, diventa quasi “socialmente accettabile” perché allo sfaldamento dei valori della vita si sostituisce l’affermazione della forza dei bisogni primari. Le istituzioni dovrebbero interrogarsi su queste mancate occasioni di rilancio e “bonifica” per non negare ogni possibile futuro a questa gioventù che dovrebbe essere il naturale soggetto di ricambio generazionale.
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