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Gli ampi margini di crescita dei prodotti made in Italy

Sarà importante che le imprese pongano attenzione ai principi della sostenibilità

Gli ampi margini di crescita dei prodotti made in Italy

Entro cinque anni esportare ‘la dolce vita’, per utilizzare la suggestiva espressione del Centro Studi di Confindustria, può fruttare 53,9 miliardi in più. È quanto si prevede nella nuova edizione del periodico rapporto curato dalla Confederazione e che riguarda i ‘Bbf’, vale a dire i prodotti italiani belli e ben fatti. L’espressione, ideata molti anni fa dall’allora Presidente della Camera nazionale della moda, Mario Boselli, indica tutta una serie di beni che hanno fatto la fortuna del made in Italy e che, attualmente, sono classificati in ben 711 categorie.

Parliamo di creazioni dell’ingegno italiano sfornate in comparti che hanno fatto la storia della nostra impresa, dalla nautica all’oreficeria, dal legno e arredo al tessile e abbigliamento moda, fino alla stessa straordinaria industria dell’agroalimentare, che ha saputo farsi sempre più strada all’estero per la qualità e la varietà di cibi e bevande. Un patrimonio produttivo che, nel suo complesso, è giunto a valere circa 161,3 miliardi ma che, come accennato, ha ampi margini di crescita. Circa la metà di quei potenziali 54 miliardi in più di ricavi dalle esportazioni dei Bbf made in Italy possono derivare dall’ampliamento delle vendite in tre dei principali mercati dell’Occidente: Usa, Francia e Germania.

Una quota non trascurabile dell’incremento è invece realizzabile estendendo le presenze in mercati di sbocco come Cina, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. A questa partita può e deve partecipare un’industria meridionale che, negli ultimi anni, sta finalmente aumentando percentualmente i valori esportati, con ritmi superiori a quelli medi nazionali, con la Campania primattrice. Le imprese del Sud stanno cominciando a puntare strutturalmente, e non più episodicamente, sull’innovazione, sul marketing, sul digitale e sulla rete, ricercando, anche attraverso le associazioni di settore, di costruire percorsi e alleanze con i grandi canali distributivi per sviluppare considerevolmente le loro presenze sia sul piano interno (Centro-Nord) che in Europa e nel resto del mondo.

Sarà importante, in tal senso, che le imprese pongano attenzione ai principi della sostenibilità, sempre più imprescindibili perché richiesti nell’ambito delle filiere ed entrati nella cultura, e quindi nelle griglie selettive, di acquirenti consumatori di ogni parte del mondo. L’export made in Sud potrà gradualmente avvicinare i livelli, ancora distanti, espressi dalle aree forti del Nord Italia, se saprà dimostrarsi attrezzato su ciascuno dei fronti che caratterizzano come competitiva l’impresa moderna.

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