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L'opinione
05 Novembre 2024 - 08:34
La fontana in Piazza Sannazaro a Mergellina
Nell’immaginario collettivo la prima figura che ci viene in mente, quando si parla di Sirene, è quella di una bella creatura metà fanciulla e metà pesce. È un’immagine affascinante che però non corrisponde a quella descritta nel mito originario che le rappresenta con il corpo per metà di donna e per metà di uccello.
Omero non ci dice il numero delle Sirene né il loro nome: sarà Licofrone, un poeta greco del terzo secolo a.C.nella sua opera “Alessandra” (sinonimo greco del nome della figlia di Priamo, Cassandra) a darci i loro nomi: Partenope (la vergine), Leucosia (la bianca) e Ligea (dalla voce melodiosa). Le Sirene, disperate per essere state vinte da Ulisse che ha resistito alla loro malia, siuccideranno per l’umiliazione della sconfitta.
Il corpo di Partenope, profetizza Cassandra, sarà portato dal mare lì dove si trovano la Rocca di Falero e il fiume Clanio. Falero è il nome di uno degli Argonauti partiti alla ricerca del Vello d’Oro, considerato il mitico fondatore della città di Napoli e il Clanio era un fiume a nord della Città,famoso nell’antichità. Il corpo di Leucosia approderà, invece, sulla spiaggia vicino Paestum, nei cui pressi si trova Punta Licosa che prende nome dalla Sirena e, infine, il corpo di Ligea sarà spinto dalla corrente marina fino a Terina, vicino l’odierna Lamezia, in Calabria.
Partenope, narra la leggenda, verrà raccolta dagli abitanti dell’insediamento di Falero che ogni anno celebreranno feste in suo onore. Ma dove si trova la sua tomba? Non si sa: forse sull’isolotto di Megaride, a Castel dell’Ovo, dove sarebbe arrivato il suo corpo, oppure sul punto più alto della città antica, l’Acropoli, situata a Sant’Aniello a Caponapoli, sopra il Policlinico vecchio. Secondo un’altra leggenda il grande amore fra la Città e Partenope era nato quando la Sirena, accarezzando le onde del mare, allietava gli abitanti con la bellezza del suo canto.
Sette fanciulle, in rappresentanza dei borghi della città, per ringraziare la Sirena della gioia che trasmetteva la sua voce melodiosa andarono verso il mare e le offrirono una cesta piena di farina, ricotta, uova, grano tenero bollito, acqua di fiori d’arancio, spezie e zucchero. Partenope gradì l’offerta e portò il dono agli Dei che, mescolando tutti gli ingredienti con la loro divina sapienza, crearono un dolce: la pastiera.
In ricordo delle sette fanciulle e dei sette prodotti regalati alla Sirena, a Napoli, sulla pastiera, si mettono settestrisce di pasta incrociate. Fin qui la leggenda. La verità è che la pastiera è un dolce conventuale, come moltissimi della pasticceria napoletana, nato dalle esperte mani delle suore di San Gregorio Armeno. In onore di Partenope dal 435 a.C. in poi si corsero le Lampadodromie: squadre di giovani si sfidavano in una corsa a staffetta, portando come testimone una torcia accesa che passavano al compagno: chi arrivava primo doveva avere la fiaccola ancora accesa, altrimenti avrebbe vinto il secondo e così via, purché fosse ancora viva la fiamma.
Con l’avvento del Cristianesimo la leggenda di Partenope donna uccello muore e dalle sue ceneri nasce la Partenope donna-pesce. La trasformazione forse è dovuta al fatto che le terribili Sirene della mitologia greca avevano le ali e quindi non dovevano essere confuse con gli Angeli, messaggeri di pace e di protezione. Qualcun altro sostiene che la mutazione è dovuta a un errore di un copista medievale che ha trascritto “pinnis” al posto di “pennis”, cioè “con le pinne” invece che “con le penne”. Napoli ha sempre amato la sua Sirena e le ha dedicato anche due fontane: unaCinquecentesca e l’altra dell’Ottocento.
La prima si trova in via Guacci Nobile, una di quelle stradine fra l’Università e Piazza Nicola Amore e si chiama la Fontana di Spina Corona, più conosciuta dai napoletani come “A fontana de’ Zizze”, perché dalle mammelle della statua di Partenope, protettrice della città e rappresentata nella sua figura di donna-uccello, sgorgavano due getti d’acqua che si riversavano su un’immagine scultorea del Vesuvio, in segno di protezione dalle fiamme e dal fuoco delle eruzioni.
L’altra fontana è, invece, del 1869, più maestosa e la raffigura come donna-pesce con la cetra in mano, circondata da animali e piante: in origine la fontana era situata nei giardini antistanti la vecchia stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi, prima di essere trasferita, nel 1924, a Piazza Sannazaro a Mergellina. Tante storie tra mito, folklore e leggende per una sola protagonista. I tanti volti della sirena Partenope sono, alla fin fine, se ci pensiamo bene, i cento volti e le cento maschere di Napoli e della sua storia millenaria. Ancora oggi, scoprirli tutti è impresa impossibile.
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