Cerca

L'opinione

La prova dell’esistenza di dio e il movimento di Aristotele

Siamo nel quarto secolo prima di Cristo e i greci non avevano l’idea di un dio creatore, essi credevano in più dei, che erano immortali e felici

La prova dell’esistenza di dio e il movimento di Aristotele

Siamo nel quarto secolo prima di Cristo e i greci non avevano l’idea di un dio creatore, essi credevano in più dei, che erano immortali e felici. Quindi, credendo fermamente in questi e non avendo alcun dubbio, non avevano bisogno di dimostrarne l’esistenza. Aristotele tuttavia produsse una prova sull’esistenza di dio. Guardando la cupola del cielo stellato notava i movimenti costanti dei pianeti e si pose la domanda su quale fosse il principio che li muovesse.

Queste sue argomentazioni le troviamo nell’ottavo Libro della Fisica (capitolo 4 e 5). Dal momento che tutto ciò che si muove è mosso da altro e quest’altro  se è in movimento è mosso da altro ancora e ancora da altro, tutto questo non può accadere all’infinito. Perciò ci deve essere una causa prima, vale a dire qualcosa che muove senza essere mosso da altro. Questa causa prima non ha potuto avere origine da altro, perché non ha un prima.

Questo principio che determina il movimento di Aristotele lo chiama motore immobile e non può essere altro che dio. Quindi dio esiste e questa è la prova dell’esistenza di dio. Questo motore Aristotele lo immaginava dotato di una costante ed inesauribile fonte di energia – energeia – tale da determinare il movimento del cielo e degli astri. Il movimento o cambiamento è inteso come il passaggio dallo stato attuale, cioè l'atto alla potenza cioè quello che potrebbe diventare.

Quindi tutte le cose che conosciamo appartengono al divenire perché mutano. Un pezzo di legno è in atto un pezzo di legno, ma in potenza può diventare un tavolo o una statua. E quando avviene questa realizzazione avviene il divenire, ovvero il passaggio dalla potenza all’atto, che è un cambiamento, un mutamento. Chiaramente è l’atto che dà alla potenza la possibilità del cambiamento, laddove la potenza è la materia e l’atto è la forma.

Il pezzo di legno è materia pura che ha la possibilità, cioé la potenza, di diventare altro, mentre l’atto è la forma pura che determina la forma della statua dal blocco di legno. Andando a ritroso nel tempo con il mutamento, risaliamo ad un prima dell’esistenza del mondo, quando tutta la materia era informe e caotica, avendo tutta la potenzialità di assumere forme delineate e precise per collocarsi e disporsi nell’universo grazie – come vedremo – all’attrazione di dio che è atto puro, che non interviene nel mondo perché, essendo causa prima, non può essere potenza, ma solo atto.

Anche perché, se avesse avuto anche un minimo di potenza, sarebbe caduto nella catena del movimento di qualcosa che è mosso da altro e quindi, roso dal divenire, avrebbe perso la qualità di atto puro, immateriale, eterno ed incorruttibile. Ma torniamo al movimento inteso come cambiamento.

Questo vale anche per noi, vale anche per ognuno di noi, perché prima di noi c’erano i nostri genitori e prima ancora i genitori dei genitori e cosi via fino alla materia,e poi ancora ad un prima della materia, il Big Bang, ma poi arriviamo a qualcosa che non ha avuto origine da altro e che rappresenta la causa iniziale di ogni divenire:ecco, questa è la prova data da Aristotele dell’esistenza di dio.

Nel dodicesimo Libro della Metafisica (capitolo 6) Aristotele ha una intuizione decisiva quando afferma che tutte le cose sulla terra sono corruttibili, ma ci sono duecose eterne e quindi incorruttibili: il movimento e il tempo. Ricordiamo ancora che Aristotele intende il movimento come qualunque forma di cambiamento e mutamento.

Il movimento non ha avuto un inizio perché se lo avesse avuto bisognerebbe ammettere che ci sia stato un mutamento prima del mutamento e cosi all’infinito. Lo stesso vale per la fine, perché la fine del mutamento è anche essa un mutamento in quanto è un passaggio dall’esserci al non esserci: quindi c’è sempre un mutamento sia all’inizio che alla fine.

Se ne deduce che il mutamento è eterno. Lo stesso vale per il tempo: anche il tempo non ha avuto un inizio e non ha una fine. Infatti, ammettere che il tempo abbia avuto un inizio vuol dire che c’era un prima, ma dire che c’era prima vorrebbe dire che c’era un tempo, quindi c’è sempre un tempo prima del tempo e un dopo il tempo. E dal momento che il tempo non è altro che la misura del mutamento, ciò significa che tempo e movimento sono degli eterni, cioé ci sono sempre stati, vale a dire che il mondo e l’universo ci sono sempre stati.

Ma ritorniamo a dio alla sua attività: la prima è fornire energia – energeia – costante ed infinita per governare la cupola celeste ed il movimento degli astri e dei pianeti,onde determinare anche la vita sulla terra con l’alternarsi delle stagioni, procurando agli uomini tutto quello di cui hanno bisogno (acqua, cibo, temperatura, etc.). Ma Aristotele immagina qualcosa di più: dal momento che ci sono tanti cieli, allora vuol dire che ci sono tanti motori, quindi tanti dei, uno per ogni cielo.

Tuttavia – dice – c’è un primo dio, che è anche il primo motore immobile, attribuendo a questo dio il principio che governa tutti i cieli dell’universo. La caratteristica che questo dio doveva avere per essere la causa prima, il principio dell’esistenza, era quello di essere solo atto puro e niente potenza, quindi non soggetto al movimento e al divenire come avviene per la materia.

Ne consegue che dio è immateriale, eterno, incorruttibile, fatto di forma pura, senza quella materia che Aristotele chiama “sostanza sovrasensibile”. Questo è il dio di Aristotele, non riconducibile ad una figura antropomorfica, ma ad una sostanza perfetta e pienamente compiuta, dotata di energia infinita. Essa è atto puro senza materia e, non avendo potenza, non ha nessuna possibilità di cambiamento, non puòraggiungere nessun miglioramento, anche perché non ne ha bisogno, in quanto è essa stessa perfezione assoluta,dove l’essere coincide con l’esistere.

In essa tutto è perfettamente compiuto, la sua attività è il pensiero e i suoi pensieri non possono essere che il suo stesso pensare, essendo perfezione assoluta e amore assoluto, un amore racchiuso in se stesso, in quanto non può amare altri o altro. Ecco perché dio non può interviene nel mondo, perchéintervenendo dovrebbe muoversi, ma così non sarebbe solo atto puro perfettamente compiuto. Inoltre dio non può amare, perché l’amore è mancanza di qualcosa e dio,essendo perfetto, non può avere manchevolezze.

Dio si fa amare, ma non ama: proprio come l’amato, attira l’amante in un amore che non ha reciprocità. Ed è questo l’esempio che dà ad Aristotele, la soluzione per spiegare come senza l’intervento diretto di dio puòesservi causa efficiente a far muovere i pianeti.Aristotele risolve il problema indicando dio come causa finale perché è la sua perfezione che attira l’imperfezione delle forme del caos iniziale, che man mano che si avvicinano a dio, si auto-riordinano,assumendo forme sempre più perfette, proprio come l’amato attira l’amante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori