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Rapporto Istat, le maglie nere di Napoli non finiscono mai

Il dato più agghiacciante riguarda il “tasso di mortalità evitabile tra i ventenni e i 74enni”

Rapporto Istat, le maglie nere di Napoli non finiscono mai

L’ultimo Rapporto Istat sul “Benessere equo e sostenibile dei territori”, che mette a confronto 14 città metropolitane con il resto del Paese, ancora una volta per i partenopei mette i brividi.

Il dato più agghiacciante riguarda il “tasso di mortalità evitabile tra i ventenni e i 74enni”: una classifica che vede Napoli toccare il fondo, con la percentuale più elevata d’Italia, facendo per giunta segnare una speranza di vita alla nascita più bassa di tutte: 81,2 anni, a fronte di una media nazionale di 83,1, che sale a 84,7 anni a Milano e 84,4 a Firenze, le due città metropolitane con l’aspettativa di vita più alta in Italia. Ai cittadini napoletani è stata inflitta – e non da oggi – la condanna ad una morte precoce, che arriva ben prima di quella dei connazionali residenti i qualsiasi altro territorio italiano.

Una condanna su cui pesa anche quest’anno il silenzio plumbeo di tutti coloro che negli ultimi anni sarebbero stati chiamati, quanto meno per dovere istituzionale, a migliorare questa condizione di vita e di morte. Ovvio che poi, interrogati sui livelli di soddisfazione per la propria esistenza quotidiana, i napoletani riescano a collocarsi ancora una volta sul fondo più profondo perfino fra le città del Sud, con solo il 33,8% di intervistati che esprime soddisfazione, a fronte, per esempio, del 54,7% dei cittadini di Reggio Calabria.

Conseguenziale rispetto a tutto questo è ovviamente la fuga dalle urne, tanto da far registrare il più alto tasso di astensionismo nel Paese, come accaduto alle Europee di giugno scorso, quando a Napoli meno di 4 elettori su 10 si sono recati alle urne. In questo scenario desolante si cala anche la batosta di una lista dei prezzi al consumo in Italia schizzata a livelli sempre più insostenibili.

Secondo la rigorosa tabella elaborata dal “Centro Consumatori Italia” e resa nota ieri, generi alimentari di prima necessità dal 2021 ad oggi hanno subito rincari rispettivamente del 60% (pasta), del 121% (olio EVO), del 125% (mele). L’aumento di spesa mensile per le famiglie è stato calcolato in oltre 200 euro. E se un tempo circolava la leggenda, in parte vera, che a Napoli nei quartieri popolari i prezzi erano più bassi che nel resto del Paese, oggi anche questo non vale più.

In un territorio poverissimo come Pianura se siete capaci di trovare un litro di olio extra vergine a meno di 10 euro avete fatto bingo, ma è un colpo di fortuna ormai rarissimo. I numeri, per impietosi e sconcertanti che siano, li abbiamo dati. Ora aspettiamo risposte, in primis dal governo locale, ma anche dall’esecutivo nazionale. Perché a fronte di un simile, drammatico contesto urbano, bonus e mancette non bastano più e, in certi casi, suonano quasi come una beffa. 

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