Tutte le novità
L'opinione
10 Novembre 2024 - 08:00
Elly Schlein
Da quando, Elly Schlein, a marzo del 2023, fu eletta segretaria del Pd, già nelle sue prime battute suscitò più di qualche riserva. Di sconcerto, per la pretesa di voler cambiare addirittura la Carta dei Valori fondativi del Pd del 2007, energicamente bocciata dai riformisti e, soprattutto di fastidio, per il linguaggio sprezzante, offensivo con cui annunciò il rinnovamento: “Estirperemo le radici dei capobastone e cacicchi”.
Da far apparire incautamente una scelta di legittimo ricambio una caccia ai malviventi. Considerando, però, la serie di flop collezionati dai precedenti coordinatori del Pd, da Zingaretti a Letta - quest’ultimo, uscito scioccato da una verifica elettorale, da sentìre l’urgenza di riparare a Parigi, dove insegnava e insegna tuttora - il partito guardò avanti per il bene di tutti e non aggiungere nuove criticità alle vecchie già pesanti.
Da allora, nonostante lo slogan di preservare l’unità anche nel disaccordo, Elly si è distinta solo per il suo oltranzismo. Non prendendo mai in considerazione consigli preziosi e puntando tutto sull’alleanza con Conte, la negazione della politica e l’affermazione ossessiva di se stesso. Una tara, riemersa appena è stato eletto Trump, che le ha fatto definire questo ritorno alla Casa Bianca una brutta notizia per l’Italia e per l’Europa.
Ora, a parte l’arrogante intento nel volere interpretare, secondo il suo personale gradimento, i giudizi dell’Italia e dell’Europa, c’è che se avesse parlato più da responsabile di un partito, che rappresenta molteplici, salde, culture di radicate tradizioni, e non si fosse lasciata trascinare dalle nostalgie per Obama, di cui fu giovane attivista, si sarebbe accorta che il Trump bis è destinato a sparigliare tanti giochi ovunque e subito.
A riguardo giova ricordare un verso di Virgilio: “Si parva licet componere magnis”, che dice “se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi”, in questo caso, il primo spariglio deve già preoccupare la Schlein. La intransigente Elly, dopo quanto da lei detto e lasciato dire su Donald Trump, d’ora in avanti, come potrà conciliarsi o rinsaldarsi con l’alleato, a giorni alterni, Conte, amico personale di Donald, che lo chiama affettuosamente “Giuseppy”?
Dai tempi in cui, e non è banale ricordarlo - lo ha scritto Tommaso Labate sul Corsera- Donald venne a sapere che i vertici dei Servizi segreti italiani avevano avuto due incontri con il procuratore generale William Barr, che indagava sul presunto complotto ai suoi danni. Ma c’è molto altro da mettere in conto: il 23 e 24 novembre prossimi si tiene la costituente del nuovo Movimento targato Conte, chiamata “Nova”.
Che, in astronomia, è un fenomeno stellare di esplosione nucleare causata dall’accumulo di idrogeno sulla superficie di una “nana bianca”, facendola addirittura essere più luminosa di prima. Uno “scenario cosmico” metafora di sviluppi politici imprevedibili, stando alle primizie sulla nuova identità degli ex grillini di “progressisti indipendenti”, insomma di battitori liberi, daazzerare di fatto per ora ogni alleanza.
Per come sono giunte a stare le cose, al di là della logora ciclica liturgia ad ogni sconfitta della sinistra di un “certo ceto intellettuale, aristocratico e populista portatore sano e infetto di due gravi difetti: il complesso del Padreterno e quello del moralista. Il primo che spinge l’intellettuale a trattare da mentecatti e da imbecilli tutti coloro che hanno un’opinione diversa dalla sua e che non si comportano come lui vorrebbe.
Il secondo, potentemente diffuso, la brutta abitudine a elevarsi a maestri di morale, a fingere di non essere uomini come tutti gli altri con gli stessi difetti. Oggi il dovere primario del Pd è di interrogarsi e imparare a non insultare, solo cosi potrà capire l’importanza della vittoria di Trump, votato da chi votava sinistra, stanco di un suo crescente disfattismo snob.
De Luca lo dice da sempre, anche stavolta, dopo aver indossato virtualmente la tuta “monocromatica” da “capocantiere”, ha già fatto sapere il suo programma-monito da terzo mandato, questo: “Le elezioni si vincono nei quartieri non nei salotti”. Parole che sanno di grande rivalsa, dirette, c’è da crederlo, alla inconcludenza della Schlein, incapace di costruire un’alternativa, esistita solo fu foto-ricordo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo