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13 Novembre 2024 - 10:07
“Esiste dunque un giudice a Berlino”. La frase, che si attribuisce al grande drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, è forse quella che meglio dà il senso di come si sia conclusa la dolorosa vicenda dello stabile in via Indipendenza a Casoria e degli oltre cento inquilini tra i quali molti bambini hanno rischiato seriamente di non avere più un tetto sopra la testa. Per raccontare questa storia partiamo proprio dalla fine: la sentenza emessa da un giudice del Tribunale di Napoli che ha revocato l’ordine di abbattimento per il palazzo di 24 appartamenti, distribuiti su sette piani.
Qualcuno dirà che è una sentenza come un’altra. E invece no, perché in questo caso siamo davanti a una vittoria che non è solo quella di chi abita in quelle case e che può tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, ma di tutti coloro che ancora confidano in una giustizia giusta, in un principio assoluto e altissimo che sta alla base della tutela dei diritti di ogni cittadino e della stessa democrazia. Fino al giorno di questa decisione, però, le cose non erano andate per nulla bene: la giustizia, in questa storia (e non è certo la sola), era stata quantomeno miope, se non totalmente cieca. Responsabilità di chi, a distanza di quasi 30 anni dal rilascio del condono da parte del Comune di Casoria, aveva ritenuto che quella sanatoria di un palazzo (realizzato abusivamente nel 1992 da un costruttore con pochi scrupoli che aveva agito indisturbato) non fosse legittimo, e quindi aveva deciso che lo stabile andasse abbattuto.
Poco importava se decine di famiglie sarebbero finite per strada, se i sacrifici di anni quelli di chi, in completa buona fede, aveva pagato o stava finendo di pagare il mutuo per comprare una casa completamente legalizzata sarebbero stati vanificati all’improvviso, se la loro stessa vita sarebbe stata sconvolta. Una tragedia, causata da un meccanismo infernale, innescato da una burocrazia giudiziaria ottusa disposta ad agire a qualsiasi costo, al di là delle conseguenze, “nel nome della legge”, o peggio di interpretazioni soggettive della legge stessa. E il buonsenso? E la tutela del diritto dei cittadini?
Be’, nel caso del palazzo di Casoria, per gli anni in cui si è snodata questa intricata vicenda, questi fattori non sono mai stati tenuti in considerazione. È questa la dura e incomprensibile verità. Ecco perché la sentenza emessa lo scorso 6 novembre, e che di fatto mette fine a un incubo (non so meglio definire lo stato d’animo di quelle famiglie), rappresenta uno spartiacque, oltre a restituire un minimo di speranza, di fiducia ai cittadini che si trovano nella stessa situazione kafkiana, a permettere loro di continuare a credere nella giustizia, quella che si afferma con decisioni ragionevoli, giuste, precise, coraggiose rispetto al pericoloso semplicismo e alla superficialità con cui troppo spesso si affrontano certi delicati temi.
Anche perché questa sentenza ribadisce un principio costituzionale che non può essere leso, se non per motivi che riguardano l’imprescindibile interesse pubblico: il sacrosanto diritto all’abitazione. Del resto, anche questo emerge incontestabilmente dal testo della decisione: gli abitanti dello stabile cito testualmente “hanno fatto affidamento su titoli edilizi acquisiti, sul controllo degli stessi da parte della pubblica amministrazione e sull’inerzia colpevole della Procura”. Ma è prima di tutto dalla garanzia e dalla tutela del diritto all’abitare che bisogna ripartire. In particolare modo nella nostra regione, dove si registra una emergenza abitativa senza precedenti, dove centinaia di migliaia di persone sono vittime del perverso gioco della “roulette degli abbattimenti”, magari soltanto perché la casa dove hanno vissuto per decenni è gravata da abusi di necessità di entità lievissima e che non mettono, certo, a repentaglio la tenuta strutturale del manufatto che tra l’altro sono stati in molti casi favoriti da norme e regole anacronistiche e dal cinismo ipocrita delle sinistre.
Come dimenticare il “no” per la sola Campania al condono nazionale del 2003, espresso da Antonio Bassolino quand’era presidente della Regione? E gli oltre 40 anni contraddistinti da una burocrazia sempre più esasperante? Oppure, di recente, quando in Consiglio regionale, insieme ai colleghi della Lega e del centrodestra, abbiamo nuovamente acceso i riflettori sulla criticità, ci siamo ritrovati De Luca e i suoi complici del dramma, votando no alle nostre proposte. Eppure, parliamo di una vera e propria emergenza sociale, divenuta tale grazie all’indifferenza delle istituzioni locali, immobili davanti al dramma abitativo di donne, uomini, anziani, soggetti deboli che una casa la debbono pur avere.
Contro questo stato di cose, insieme alla Lega, mi batto e continuerò a battermi senza sosta, nel nome di un percorso di solidarietà umana che deve riguardare ognuno di noi, nessuno escluso, perché questa battaglia si fonda lo ribadisco sulla necessità di vedere riconosciuti diritti sostanziali, al di là di ipocrisie sulla legalità a senso unico. La strada è lunga, ci sono ancora tante storie che purtroppo rischiano di avere un epilogo diverso da quello di Casoria. In questi anni ho visto la disperazione di moltissime persone, a Napoli, nella sua provincia e nel resto della Campania, cittadini finiti in mezzo alla strada a causa di decisioni folli, per situazioni di cui sono stati quasi sempre vittime più che autori. Non ho dimenticato quegli sguardi, non ho dimenticato la domanda, sempre la stessa, che mi è stata rivolta anche mentre si attendeva l’arrivo delle ruspe, la fine della speranza: “È giusto tutto questo? È giusto che dobbiamo pagare per le colpe altrui? Dove andremo a dormire noi e i nostri figli quando ci abbatteranno la casa?”.
Anche io me la sono fatta quella terribile domanda, da cittadino e da rappresentante delle Istituzioni. E siccome concepisco la politica come azione per fare il bene della comunità, per dare una risposta a quell’interrogativo, continuerò non solo a lottare con tutti i mezzi e le energie a disposizione per stare al fianco di chi nel Nostro Posto è minacciato dallo spettro degli abbattimenti, ma anche per agire e pretendere, sempre e comunque, una giustizia che sia veramente giusta.
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