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IL PUNTO
13 Novembre 2024 - 21:36
Donald Trump
Hanno impiegato oltre due anni e mezzo per capire che la Russia non avrebbe mai reso, per ragioni storiche e strategiche, la Crimea e le regioni russofone al regime di Kiev ma accontentiamoci che abbiano cambiato idea. Volodymyr Zelensky conta sulla misericordia di quanti a Bruxelles e nelle altre capitali occidentali ne hanno condiviso tracotanza e cinismo mentre la guerra mieteva centinaia e centinaia di migliaia di vittime, devastava il Paese, faceva fuggire milioni e milioni di concittadini, compresi i moltissimi renitenti alla leva obbligatoria.
Ma per sentirsi un tantino più sicuro di salvare la pelle aggiunge alle ‘purghe’ e all’oppressione dell’opposizione anche un ribadito e indefinito rinvio delle elezioni. I sondaggi scampati al ritocco dei dati e alla censura lo danno con un consenso in caduta libera, il 30% da quel 90% che sbandierava tra inverno e primavera del 2022. Non è sicuro di fare la fine di Winston Churchill, mandato a casa alla fine di una vittoriosa guerra mondiale.
Teme di finire come Mussolini o Ceaucescu o di dover imitare Hitler. Conta sulla paura dei suoi sodàli per mantenersi al potere quel tanto ancora da poter condividere una tregua con Vladimir Putin raggiunta da chi, avviatosi verso la Casa Bianca, gli ha preannunciato la prossima scadenza della “paghetta”. E mentre di là dalla frontiera, in Polonia, a decine di migliaia scendono in piazza e marciano nel giorno dell’Indipendenza gridando slogan contro il governo di Donald Tusk e “Basta guerra in Ucraina!”.
La vittoria di Kamala Harris, che gli istituti demoscopici vicini ai Dem negli USA e un esercito di ‘esperti’ nostrani pontificavano, non c’è stata e la lista dei potenziali ministri e collaboratori di Donald Trump assicura una sola cosa: si chiude un capitolo e se ne apre un altro con le sue certezze e le sue incognite. Non s’immaginava - prima che circolasse una lista dei suoi probabili ministri e collaboratori più importanti - una tale coerenza, anzi ostinazione di Donald Trump nel procedere a una svolta così totale: un capovolgimento nella politica degli Stati Uniti.
Resta “divisivo” proprio quando i vincitori assicurano che, dopo lo scontro, puntano a riunificare il più possibile gli eserciti elettorali. Resta, invece, Trump convinto che trascinerà dalla sua parte gli americani che non l’hanno votato, con i buoni risultati che già in un primo step biennale potrà dimostrare.
Ritiene, Trump, che soltanto una forte scossa può rianimare un’America smarrita di fronte alle invasioni commerciale e di immigrati clandestini, al debito-monstre pubblico e all’inflazione, alle guerre di retroguardia come in Ucraina, che colpiscono la Germania e regalano la Russia alla Cina, o come in Medio Oriente senza un disegno strategico complessivo e con un Israele che non si fida del suo vitale alleato né cela la sua diffidenza. Mettiamo per ipotesi che i nomi finora circolati siano quelli cui pensa davvero il presidente rientrante.
L’esclusione di Mike Pompeo e Nikki Haley poteva essere messa in conto. E non solo perché il redivivo e immarcescibile Steve Bannon, megafono dell’ex-neo capo della Casa Bianca, li abbia classificati“neoconservatori” della peggiore specie. Trump non perdona chi gli si mette accanto per necessità e non per scelta, mostrandosi pure poco allineato. Messo nel conto pure il geniale Elon Musk, innamorato dell’Italia e che apprezza il modo abile e diretto di far politica di Giorgia Meloni, la quale s’è barcamenata tra Joe Biden, Trump e Ursula von der Leyen ma che sull’Ucraina si è spesa troppo e ha da fare una marcata marcia indietro.
A Musk toccherà un compito considerato una ‘mission impossible’: rivoluzionare e rinnovare nientepopodimeno che l’intera amministrazione dello Stato. Compito immane. Potrà usufruire del concorso di Vivek Ramaswany, il brillante imprenditore d’origine indiana che – come Rubio e Ron De Santis – ha avuto un momento di gloria tra gli aspiranti alla candidatura alla Casa Bianca, ma come Rubio posizionatosi poi subito nella scia di Trump.
Riscuote credito e fiducia. Convivrà con la genialità di Musk… Chi vivrà, vedrà. E messi nel conto pure Marco Rubio e John Ratcliffe, perché condividono i due obiettivi principali sul piano internazionale: ‘cointainment’ geo-economico e geo-politico della Cina e colpire, micidialmente, la teocrazia fanatica di Teheran per poggiare la stabilità del Medio Oriente sulle spalle di Tel Aviv e Riyad. Rubio – d’origine cubana e senatore della Florida – alla segreteria di Stato, cioè ministro degli Esteri. Ratcliffe - unavecchia conoscenza sperimentata alla direzione della National Intelligence ai tempi di Bush jr - a dirigere la Cia.
Non solo, sul teatro mediorientale l’inviato speciale Steven Witkoff, connessione fissa con l’ambasciatore a Gerusalemme, Mike Huckabee. Al Consiglio per la sicurezza nazionale Michael Waltzarricchisce la squadra dei ‘falchi’. Restano alcune scelte discutibili. Quella, ad esempio, di Robert Kennedy jr: giustamente nemico dei Big Pharma ma no-vaxtroppo convinto, predestinato alla poltrona del ministero della Salute.
Ritirarsi dagli Accordi di Parigi sul clima per favorire la manifattura nazionale offrendo l’inquinante energia fossile, di cui gli Stati Uniti abbondano, è una scelta che divide non solo l’America. Preoccupante la scelta di Lee Zeldin - negazionista del concorso umano al malessere del pianeta - alla testa dell’EPA, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente.
Gli USA, la Cina e l’India sono i massimi avvelenatori del pianeta. E sottovalutare i tremendi problemi ambientali appare un controsenso pericoloso per chi, a cominciare proprio da Musk, si propone di accelerare il passaggio a un nuovo mondo più pulito e meno consumatore di suolo e di mari. Così sconcerta la scelta di Kristi Noem, governatrice del Sud Dakota, alla Sicurezza della madrepatria, l’Homeland Security.
Una donna che ha legato la sua notorietà anche al fatto di aver sparato a un cucciolo di cane “disubbidiente” e a una capretta “brutta, capricciosa e puzzolente”: Sarà sicuramente efficiente nel suo lavoro. Ma ci piace pensare che càpita, purtroppo raramente, che un cacciatore venga scambiato per una preda…
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